Sepher Yetzirah

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    Sepher Yetzirah


    םוחר ידש לא םלוע ךלמו םייח םיהלא לארשי יהלא תואבצ הוהי

    תא ארבו אוה שודקו םורמ ומש שודקו דע ןכוש אשנו םר ןונחו

    :רופסו רפסו רפסב םירפס השלשב ומלוע



    1-1 Trentadue sentieri meravigliosi di Saggezza tracciò, Yah Yhwh Dio di Israele, Élohïm vivente re dell'universo El Shaddaï,
    misericordioso e clemente, supremo ed eccelso che risiede in Alto e il cui Nome è Santo. Stabilì il suo universo con tre sepharim
    (libri): Sephor (il numero), Sippur (la parola) e Sapher (lo scritto).





    דוסי תויתוא םיתשו םירשעו המ ילב תוריפס רשע :'ב הנשמ

    :תוטושפ הרשע םיתשו תולופכ עבשו תואמ שלש



    1-2 dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa) e ventidue lettere di fondamento: tre madri, sette doppie e dodici semplici.





    שמח תועבצא רשע רפסמב המילב תוריפס רשע :'ג הנשמ

    תלימבו ןושלה תלימב עצמאב ןווכמ דיחי תירבו שמח דגנכ

    :רועמה



    1-3 dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa); come il numero delle dieci dita: cinque di fronte a cinque, e l'alleanza unica
    nell'asse centrale, fondata con la parola della lingua e con l'incisione nella pelle.





    אלו רשע עשת אלו רשע המילב תוריפס רשע :'ד הנשמ

    דמעהו םהמ רוקחו םהב ןוחב הניבב םכחו המכחב ןבה הרשע תחא

    :ונוכמ לע רצוי בשהו וירוב לע רבד



    1-4 dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa), dieci e non nove, dieci e non undici. Discerni con Saggezza e penetra con
    Intelligenza. Esaminale, interrogale, così la Parola si alzerà verso il suo creatore ed il Formatore sarà ricollocato al suo posto.





    ףוס םהל ןיאש רשע ןתדמ המילב תוריפס רשע :'ה הנשמ

    קמועו םור קמוע ער קמועו בוט קמוע תירחא קמועו תישאר קמוע

    דיחי ןודא םורד קמועו ןופצ קמוע ברעמ קמועו חרזמ קמוע תחת

    :דע ידע דע ושדק ןועממ םלוכב לשומ ןמאנ ךלמ לא



    1-5 dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa), corrispondono a dieci cose infinite, senza limiti: profondità di principio,
    profondità di fine, profondità di bene, profondità di male, profondità dell'altezza, profondità del basso, profondità dell'oriente,
    profondità dell'occidente, profondità del settentrione, profondità del meridione. Il Signore è l'unico Dio, re fedele, che domina per
    sempre su tutti, dalla sua santa dimora per l'eternità delle eternità.





    קזבה הארמכ ןתייפצ המ ילב תוריפס רשע :'ו הנשמ

    הפוסכ ורמאמלו בושו אוצרב ןהב ורבדו ץק םהל ןיא ןתילכתו

    :םיוחתשמ םה ואסכ ינפלו ופודרי



    1-6 dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa). La loro apparizione ha l'aspetto di un lampo le cui estremità sono senza
    termine. Il suo Verbo corre in esse avanti e indietro e quando parla simile ad un uragano, si prostrano davanti al suo Trono e lo
    adorano.





    ןתלחתו ןתלחתב ןפוס ץוענ המילב תוריפס רשע :'ז הנשמ

    דחא ינפלו ינש ול ןיאו דיחי ןודאש תלחגב הרושק תבהלשכ ןפוסב

    :רפוס התא המ



    1-7 dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa). La loro fine risiede nel loro inizio ed il loro inizio nella loro fine come la
    fiamma è legata al tizzone. Il Signore è Unico e senza secondo e prima di lui che cosa stai a contare?





    ךבלו רבדלמ ךיפ םולב המילב תוריפס רשע :'ח הנשמ

    רמאנ ךכלש םוקמל בוש רהרהל ךבלו רבדל ךיפ ץר םאו רהרהלמ

    :תירב תרכנ הז רבד לעו בושו אוצר תויחהו ('א לאקזחי



    1-8 dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa). Trattieni la tua bocca dal parlare ed il tuo cuore dal riflettere, e se il tuo
    cuore corre via, riportalo nel luogo dove è detto "E le H’ayoth andavano e venivano". Su questa cosa fu sancita l'alleanza.





    ךורב םייח םיהלא חור תחא המילב תוריפס רשע :'ט הנשמ

    :שדוקה חור אוהו רובדו חורו לוק םימלועה יח לש ומש ךרובמו



    1-9 dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa). Una: Soffio di Élohïm Vivente, Sia benedetto e benedetto sia il Suo nome
    che è vivente in eterno. La voce, il soffio e la parola sono lo Spirito Santo.





    םיתשו םירשע הב בצחו קקח חורמ חור םיתש :'י הנשמ

    תורו תוטושפ הרשע םיתשו תולופכ עבשו תומא שלש דוסי תויתוא

    :ןהמ תחא



    1-10 due: Soffio generato dallo Spirito, tracciò e scolpì in esso 22 lettere fondamentali, tre Madri sette Doppie e dodici Semplici e
    un solo soffio le anima.





    תויתוא ב"כ ןהב בצחו קקח חורמ םימ שלש :א"י הנשמ

    םבביס המוח ןימכ ןבצח הגורע ןימכ ןקקח טיטו שפר והבו והתמ

    רמאי גלשל יכ רמאנש רפע השענו גלש םהילע קציו הביזעמ ןימכ

    :ץרא אוה



    1-11 tre: "Acque generate da Ruach (Spirito)", tracciò e scolpì 22 lettere uscite dal Tohu Bohu di fango e di argilla. Le tracciò come
    una specie di giardino. Le scolpì come una specie di muro. Le spiegò come una specie di tetto. Versò della neve e divennero
    polvere, così come è scritto: "Dice alla neve: sii terra!”





    דובכה אסכ הב בצחו קקח םיממ שא עברא :ב"י הנשמ

    ונועמ דסי ןתשלשמו תרשה יכאלמו שדוקה תויחו םינפואו םיפרש

    :טהול שא ויתרשמ תוחור ויכאלמ השוע רמאנש



    1-12 quattro: "Fuoco generato dalle Acque". Tracciò e scolpì in esso il Trono di Gloria, i Seraphïm, gli Ophanïm, gli H'ayoth ha-
    Qodésh ed i Suoi angeli officianti. Con loro tre, fondò la sua dimora, come è scritto: "Fa dei venti i suoi messaggeri, delle fiamme
    guizzanti i suoi servitori".





    שלש דוסב תוטושפה ןמ תויתוא שלש רריב :ג"י הנשמ

    שמח .תווצק השש םהב םתחו לודגה ומשב םעבקו ש"מא תומא

    ומתחו הטמל הנפו תחת םתח שש .ו"היב ומתחו הלעמל הנפו םור

    םתח הנומש .ה"יוב ומתחו וינפל הנפו חרזמ םתח עבש .ו"יהב

    ונימיל הנפו םורד םתח עשת .י"הוב ומתחו וירחאל הנפו ברעמ

    :י"והב ומתחו ולאמשל הנפו ןופצ םתח רשע .ה"ויב ומתחו



    1-13 scelse tre lettere tra le semplici nel mistero delle tre madri "AMSh" (Aleph, Mêm, Shin abbreviate). Le fissò nel suo Grande
    Nome e sigillò con esse sei estremità.

    Cinque: Si volse verso l'alto e sigillò l'Altezza con YHV.

    Sei: Sigillò verso il basso, si volse verso giù e lo fissò con HYV.

    Sette: Sigillò l'oriente, si volse in avanti e lo fissò con VYH.

    Otto: Sigillò l'occidente, si volse indietro e lo fissò con VHY.

    Nove: Sigillò il meridione, si volse verso destra e lo fissò con YVH.

    Dieci: Sigillò il settentrione, si girò verso sinistra e lo fissò con HVY.





    םייח םיהלא חור (תחא) המילב תוריפס רשע ולא :ד"י הנשמ

    ןופצ ברעמו חרזמ תחתו םור םיממ שא חורמ םימ חורמ חור

    :םורדו



    1-14 tali sono le dieci Séphiroth b'limah (belì = senza, mah = cosa): Soffio di Élohïm Vivente, Soffio generato dallo Spirito, Acque
    generate da Ruach (spirito), Fuoco generato dalle Acque, Alto e Basso, Oriente ed Occidente, Settentrione e Meridione.
    CAPITOLO SECONDO




    עבשו תומא שלש דוסי תויתוא םיתשו םירשע :'א הנשמ

    תוכז ףכ ןדוסי ש"מא תומא שלש .תוטושפ הרשע םיתשו תולופכ

    תממוד 'מ ש"מא תומא שלש .םיתניב עירכמ קח ןושלו הבוח ףכו

    :םיתניב עירכמ חור ריוא 'א תקרוש 'ש



    2-1 ventidue lettere fondamentali: tre madri, sette doppie e dodici semplici. Le tre madri sono AMSh (Aleph, Mêm, Shin).
    Riposano sul piatto del merito e sul piatto del dovere; la lingua del patto è l'equilibrio tra i due. Tre madri AMSh (Aleph, Mêm,
    Shin). Mêm è ronzante, Shin è sibilante ed Aleph è il soffio dell'aria che equilibra i due.





    ןפרצ ןבצח ןקקח דוסי תויתוא םיתשו םירשע :'ב הנשמ

    :רוצל דיתעה לכ תאו רוציה לכ תא םהב רצו ןרימהו ןלקש



    2-2 ventidue lettere fondamentali: Le ha incise, scolpite, combinate, pesate e permutate. Con esse, ha rappresentato tutto ciò che è
    stato formato e tutto ciò che sarà formato.





    ןבצח לוקב ןקקח דוסי תויתוא םיתשו םירשע :'ג הנשמ

    ךיחב ק"כיג ןורגב ע"החא תומוקמ השמחב הפב ןעבק חורב

    :םיתפשב ף"מוב םינישב ץ"רשסז ןושלב ת"נלטד



    2-3 ventidue lettere fondamentali: Le ha incise con la voce, le ha scolpite con il soffio, le ha fissate nella bocca in cinque punti:
    Aleph, H'eith Hé, Ayin nella gola; Ghimel, Yud, Kaph Qoph nel palato; Daleth, Teth Lamed, Nun Tav nella lingua; Zain, Shin,
    Sameck, Reish Tsadi sui denti; Beth, Vav, Mêm Phé sulle labbra.





    ןימכ לגלגב ןעבק דוסי תויתוא םיתשו םירשע :'ד הנשמ

    ןיא רבדל ןמיסו רוחאו םינפ לגלגה רזוחו םירעש א"לרב המוח

    :עגנמ הטמל הערב ןיאו גנעמ הלעמל הבוטב



    2-4 ventidue lettere fondamentali: Le fissò in una ruota come se fossero delle mura, munite di RLA (R r = 300, L l = 30, A a = 1,
    totale 231) porte. La ruota ritorna avanti e indietro. Un segno spiega questo: non c'è nulla di più elevato nel bene di ONEG= delizia
    e niente più basso nel male di NEGA = piaga (le due parole sono scritte con le stesse lettere Ayn u Nun n Ghimel g N.d.T.).





    'א םע םלוכו םלוכ םע 'א ןרימהו ןלקש ןפרצ דציכ :'ה הנשמ

    םירעש א"לרב תואצמנו הלילח תורזוחו 'ב םע םלוכו םלוכ םע 'ב

    :דחא םשמ אצוי רובדה לכו רוציה לכ אצמנו



    2-5 come egli le permutò, le pesò e le combinò?. Aleph con tutte e tutte con Aleph. Beth con tutte e tutte con Beth. Si rinnovano in
    un ciclo ed esistono in 231 porte. Tutto ciò che è formato e tutto ciò che è detto emana dal Nome Unico.





    2.6 םידומע בצחו ונשי וניא תא השעו והתמ שממ רצי :'ו הנשמ

    'א םע םלוכו םלוכ םע 'א ןמיס הזו שפתנ וניאש ריואמ םילודג

    ןמיסו דחא םש רובידה לכ תאו רוציה לכ תא השעו ריממו הפוצ

    :דחא ףוגב םיצפח םיתשו םירשע רבדל



    2-6 formò la sostanza ad iniziare dal caos e trasse l'esistenza dalla non esistenza. Intagliò delle grandi colonne dall'aria inafferrabile.
    Questo ne è il segno: Aleph con tutte e tutte con Aleph. Contemplò, trasformò e creò tutto ciò che è formato e tutto ciò che è
    parlato in un solo Nome. C'è un segno a ciò: 22 oggetti Aleph corpo.

    CAPITOLO TERZO




    ןושלו הבוח ףכו תוכז ףכ ןדוסי ש"מא תומא שלש :'א הנשמ

    :םיתניב עירכמ קח



    3-1 tre madri: AMSh (Aleph, Mêm, Shin). Si tengono tra il piatto del merito ed il piatto del dovere che il linguaggio equilibra.





    םותחו הסוכמו אלפומ לודג דוס ש"מא תומא שלש :'ב הנשמ

    תובאמו תובא ודלונ םהמו שא םימ ריוא םהמ ואציו תועבט ששב

    :תודלות



    3-2 tre madri: AMSh (Aleph, Mêm, Shin.) Un grande e meraviglioso segreto è dissimulato ed è sigillato da sei anelli. Da essi
    emanano: Aria, Acqua, Fuoco. Da essi sono nati i Padri e dai Padri, le Generazioni.





    ןרימהו ןלקש ןפרצ ןבצח ןקקח ש"מא תומא שלש :'ג הנשמ

    שלשו הנשב ש"מא תומא שלשו םלועב ש"מא תומא שלש םהב רצו

    :הבקנו רכז שפנב ש"מא תומא



    3-3 tre madri: AMSh (Aleph, Mêm, Shin). Le ha incise, plasmate, combinate insieme, le ha pesate e permutate. Da esse ha
    rappresentato: Tre madri AMSh nel mondo, tre madri AMSh nell'anno, tre madri AMSh in Néphesh (anima) maschile e femminile.





    שא םימ ריוא םלועב ש"מא שומא שלש םימש :'ד הנשמ

    :םיתניב עירכמ חורמ ריואו םיממ תארבנ ץראו שאמ וארבנ



    3-4 tre madri: AMSh (Aleph, Mêm, Shin) nel mondo, queste sono l'Aria, il Fuoco, l'Acqua. I cieli furono creati dal Fuoco. La terra
    fu creata dalle Acque e l'Aria dallo Spirito che decide tra i due.





    םוח .היורו רוק םוח הנשב ש"מא תומא שולש :'ה הנשמ

    :םיתניב עירכמ חורמ היורו םיממ ארבנ רוק שאמ ארבנ



    3-5 tre madri: AMSh (Aleph, Mêm, Shin) nell'Anno, che sono il Caldo, il Freddo, il Temperato. Il Caldo fu creato dal Fuoco. Il
    Freddo fu creato dalle Acque ed il Temperato dallo Spirito che decide tra i due.





    ןטבו שאר הבקנו רכז שפנב ש"מא תומא שולש :'ו הנשמ

    עירכמ חורמ היוגו םיממ ארבנ ןטבו שאמ ארבנ שאר .היוגו

    :םיתניב



    3-6 tre madri: AMSh (Aleph, Mêm Shin) in Néphesh (anima) maschile e femminile, che sono la Testa, il Ventre, il Petto. La Testa fu
    creata dal Fuoco. Il Ventre fu creato dall'Acqua ed il Petto fu creato dallo Spirito che decide tra i due.





    ןפרצו רתכ ול רשקו חורב 'א תוא ךילמה ('א אבב) :'ז הנשמ

    ש"מאב רכז שפנב היוגו הנשב היורו םלועב ריוא םהב רצו הזב הז

    :ם"שאב הבקנו



    3-7 fabbricò la lettera Aleph affinché regnasse nel Ruach (spirito, soffio, aria). Legò a lei una corona, la combinò con tutte le altre e
    la sigillò. Con lei formò l'aria nel mondo, il temperato nell'anno ed il petto nell'Anima maschile con AMSh e femminile con AShM.





    רתכ ול רשקו םימב 'מ תוא ךילמה ('ב אבב) :'ח הנשמ

    רכז שפנב ןטבו הנשב רוקו םלועב ץרא םהב רצו הזב הז ןפרצו

    :א"שמב הבקנו ש"אמב



    3-8 fabbricò la lettera Mêm affinché regnasse sulle Acque. Legò a lei una corona, la combinò con tutte le altre e la sigillò. Con lei
    formò le Acque nel Mondo, il Freddo nell'Anno ed il Ventre nell'Anima maschile con MASh e femminile con MShA.





    ןפרצו רתכ ול רשקו שאב 'ש תוא ךילמה('ג אבב) :'ט הנשמ

    רכז שפנב שארו הנשב םוחו םלועב םימש (שא) םהב רצו הזב הז

    :א"משב הבקנו ם"אשב



    3-9 fabbricò la lettera Shin affinché regnasse sul fuoco. Legò a lei una corona, la combinò con tutte le altre e la sigillò. Con lei formò
    il Fuoco nel Mondo, il Caldo nell'Anno e la Testa nell'Anima maschile con ShAM e femminile con ShMA.

    CAPITOLO QUARTO




    תונושל יתשב תוגהנתמ ת"רפכ ד"גב תולופכ עבש :'א הנשמ

    :שלחו רובג השקו ךר תינבת .ת"ת ,ר"ר ,פ"פ ,כ"כ ,ד"ד ,ג"ג ,ב"ב



    4-1 sette doppie: BGD''KPR''T (le sette doppie lette insieme. N.d.T.). Si esprimono in due livelli del linguaggio: B-V G-GH D-DH
    K-KH P-F R-RH T-TH (indicate secondo la pronuncia dura e debole. N.d.T.). Secondo la struttura: morbida e dura, forte e
    aspirata.





    ערז רשוע המכח ןדוסי ת"רפכ ד"גב תולופכ עבש :'ב הנשמ

    :ןחו םולש הלשממ םייח



    4-2 sette doppie: BGD''KPR''T. Riposano sulla saggezza, la ricchezza, la fecondità, la vita, il dominio, la pace e la grazia.





    הרומתבו רובדב ת"רפכ ד"גב תולופכ עבש :'ג הנשמ

    תרומת הממש ערז תרומת ינוע רשוע תרומת תלוא המכח תרומת

    ןח תרומת המחלמ םולש תרומת תודבע הלשממ תרומת תומ םייח

    :רועיכ



    4-3 sette doppie: BGD''KPR''T. Per il linguaggio e per la sostituzione. Sostituzione di saggezza: follia. Sostituzione di ricchezza:
    Miseria. Sostituzione di fecondità: Desolazione. Sostituzione di vita: Morte. Sostituzione di dominio: Schiavitù. Sostituzione di pace:
    Guerra. Sostituzione di grazia: Bruttezza.





    חרזמ הטמו הלעמ ת"רפכ ד"גב תולופכ עבש :'ד הנשמ

    תא אשונ אוהו עצמאב ןווכמ שדוקה לכיהו םורדו ןופצ ברעמו

    :םלוכ



    4-4 sette doppie: BGD''KPR''T. Alto e basso, Est ed Ovest, Nord e Sud. Il Santo Palazzo è posto al centro e li supporta tutti.





    אלו עבש שש אלו עבש ת"רפכ ד"גב תולופכ עבש :'ה הנשמ

    לע רצוי בשהו וירוב לע רבד דמעהו םהב רוקחו םהב ןוחב הנומש

    :ונוכמ



    4-5 sette doppie: BGD''KPR''T. Sette e non sei, sette e non otto. Esaminale, scrutale. Poni la parola su questa essenza e fai sedere
    il Formatore al suo posto.





    ןפרצ ןבצח ןקקח דוסי ת"רפכ ד"גב תולופכ עבש :'ו הנשמ

    הנשב םימי העבש םלועב םיבכוכ העבש םהב רצו ןרימהו ןלקש

    :הבקנו רכז שפנב םירעש העבש



    4-6 sette doppie: BGD''KPR''T fondamentali. Le incise, le scolpì, le combinò, le soppesò, le permutò. Con esse ha formato poi
    sette pianeti nell'universo, sette giorni nell'anno, sette porte in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile.





    המח םידאמ קדצ יאתבש םלועב םיבכוכ העבש :'ז הנשמ

    העבש .עובשה ימי תעבש הנשב םימי העבש .הנבל בכוכ הגונ

    ףאה יבקנ ינש םינזא יתש םיניע יתש הבקנו רכז שפנב םירעש

    :הפהו



    4-7 sette pianeti nell'universo: Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna. Sette giorni nell'anno, i sette giorni della
    settimana. Sette porte in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile: due occhi, due orecchi, due narici ed una bocca.





    רתכ ול רשקו המכחב 'ב תוא ךילמה ('א אבב) :'ח הנשמ

    ןימי ןיעו הנשב ןושאר םוי םלועב הנבל םהב רצו הזב הז ןפרצו

    :הבקנו רכז שפנב



    4-8 fece regnare la lettera Beth in saggezza, legò a lei una corona e la combinò con le altre. Con esse formò la Luna nel Mondo, il
    giorno 1 nell'anno, l'occhio destro in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile.





    רתכ ול רשקו רשועב 'ג תוא ךילמה ('ב אבב) :'ט הנשמ

    ןימי ןזאו הנשב ינש םוי םלועב םידאמ םהב רצו הזב הז ןפרצו

    :הבקנו רכז שפנב



    4-9 fece regnare la lettera Ghimel nell'opulenza, legò a lei una corona e la combinò con le altre. Con esse formò: Marte nel Mondo,
    il giorno 2 nell'anno, l'orecchio destro in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile





    ןפרצו רתכ ול רשקו ערזב 'ד תוא ךילמה ('ג אבב) :'י הנשמ

    שפנב ןימי ריחנו הנשב ישילש םוי םלועב המח םהב רצו הזב הז

    :הבקנו רכז



    4-10 fece regnare la lettera Daleth nella fecondità, legò a lei una corona e la combinò con le altre. Con esse formò il Sole nel
    Mondo, il giorno 3 nell'anno, la narice destra in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile.





    רתכ ול רשקו םייחב 'כ תוא ךילמה ('ד אבב) :א"י הנשמ

    לאמש ןיעו הנשב יעיבר םוי םלועב הגונ םהב רצו הזב הז ןפרצו

    :הבקנו רכז שפנב



    4-11 fece regnare la lettera Kaph nella vita, legò a lei una corona e la combinò con le altre. Con esse formò Venere nel Mondo, il
    giorno 4 nell'anno, l'occhio sinistro in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile.





    ול רשקו הלשממב 'פ תוא ךילמה ('ה אבב) :ב"י הנשמ

    ןזאו הנשב ישימח םוי םלועב בכוכ םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ

    :הבקנו רכז שפנב לאמש



    4-12 fece regnare la lettera Phé nel Dominio, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò Mercurio nel Mondo, il giorno 5
    nell'anno, l'orecchio sinistro in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile.





    רתכ ול רשקו םולשב 'ר תוא ךילמה ('ו אבב) :ג"י הנשמ

    לאמש ריחנו הנשב ישש םוי םלועב יאתבש םהב רצו הזב הז ןפרצו

    :הבקנו רכז שפנב



    4-13 fece regnare la lettera Reish nella vita, legò a lei una corona e la combinò con le altre. Con esse formò Saturno nel Mondo, il
    giorno 6 nell'anno, la narice sinistra in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile.





    רתכ ול רשקו ןחב 'ת תוא ךילמה ('ז אבב) :ד"י הנשמ

    רכז שפנב הפו הנשב תבש םוי םלועב קדצ םהב רצו הזב הז ןפרצו

    :הבקנו



    4-14 fece regnare la lettera Tav nella grazia, legò a lei una corona e la combinò con le altre. Con esse formò Giove nel Mondo, il
    giorno 7 nell'anno, la bocca in Néphesh (nell'anima) maschile e femminile.





    העבש ןיקקחנ ןהבש ת"רפכ ד"גב תולופכ עבש :ו"ט הנשמ

    ,תורהנ העבש ,םימי העבש ,תוצרא עבש ,ןיעיקר העבש ,תומלוע

    עבש ,םינש עבש ,תועובש העבש ,םימי העבש ,תורבדמ העבש

    תויעיבשה תא בבח ךכיפל .שדקה לכיהו ,תולבוי העבש ,ןיטימש

    :םימשה לכ תחת



    4-15 sette doppie BGD''KPR''T. Con esse sono state incisi sette Mondi, sette Firmamenti, sette Terre, sette Mari, sette Fiumi, sette
    Deserti, sette Giorni, sette Settimane, sette Anni, sette cicli Sabbatici, sette giubilei ed il Palazzo sacro. Per questo amò fare dei
    settenari sotto tutti i Cieli.





    תונוב םינבא שלש ,םיתב ינש תונוב םינבא יתש :ז"ט הנשמ

    םינבא שמח ,םיתב םירשעו העברא תונוב םינבא עברא ,םיתב השש

    םירשעו תואמ עבש תונוב םינבא שש ,םיתב םירשעו האמ תונוב

    ןאכמ ,םיתב םיעבראו םיפלא תשמח תונוב םינבא עבש ,םיתב

    הלוכי ןזואה ןיאו רבדל לוכי הפה ןיאש המ בושחו אצ ךליאו

    :עומשל



    4-16 due pietre costruiscono due case. Tre pietre costruiscono sei case. Quattro pietre costruiscono ventiquattro case. Cinque
    pietre costruiscono seicentoventi case. Sette pietre costruiscono cinquemilaquaranta case. A partire da qui continua, calcola ciò che
    la bocca non può esprimere e l'orecchio non può udire.

    CAPITOLO QUINTO




    'ס 'נ 'ל ,'י 'ט ,'ח ,'ז 'ו 'ה תוטושפ הרשע םיתש :'א הנשמ

    שימשת ,השעמ העימש היאר ,ךולה רוהרה החיש ןדוסי ,'ק 'צ 'ע

    :קוחש הטיעל זגור ,הניש חיר



    5-1 dodici Semplici: Hé, Vav, Z ain, Cheth, Teth, Yud, Lamed, Nun, Samech, Ayn, Tzadi, Koph, il loro fondamento: parola,
    pensiero, deambulazione, vista, udito, azione, copula, odorato, sonno, collera, gusto, nutrizione.





    'נ 'ל ,'י 'ט 'ח ,'ז 'ו 'ה תוטושפ הרשע םיתש :'ב הנשמ

    תימור תיחרזמ לובג ,ןוסכלא ילובג רשע םינש ןדוסי ,'ק 'צ 'ע ,'ס

    תימור תימורד לובג ,תיתחת תיחרזמ לובג תינופצ תיחרזמ לובג

    תימור תיברעמ לובג ,תיתחת תימורד לובג תיחרזמ תימורד לובג

    תימור תינופצ לובג ,תיתחת תיברעמ לובג תימורד תיברעמ לובג

    דע ןיכלוהו ןיבחרתמו ,תיתחת תינופצ לובג תיברעמ תינופצ לובג

    :םלוע תולובג ןה ןהו דע ידע



    5-2 dodici Semplici: Hé, Vav, Z ain, Cheth, Teth, Yud, Lamed, Nun, Samech, Ayn, Tzadi, Koph.

    Le dodici Frontiere diagonali sono il loro fondamento: Frontiera superiore Est, limite Nord-est, Frontiera inferiore Est. Frontiera
    superiore Sud, limite Sud-est Frontiera inferiore Sud. Frontiera superiore Ovest, limite Sud-ovest, Frontiera inferiore Ovest.
    Frontiera superiore Nord, limite Nord-ovest, Frontiera inferiore Nord. Si distendono senza limiti nell'eternità delle eternità, sono i
    limiti dell'universo.





    'ס 'נ 'ל ,'י 'ט 'ח ,'ז 'ו 'ה תוטושפ הרשע םיתש :'ג הנשמ

    רשע םינש םהב רצו ןרימהו ןלקש ןפרצ ןבצח ןקקח ןדוסי ,'ק 'צ 'ע

    שפנב םיגיהנמ רשע םינש הנשב םישדח רשע םינש םלועב תולזמ

    :הבקנו רכז



    5-3 dodici Semplici: Hé, Vav, Z ain, Cheth, Teth, Yud, Lamed, Nun, Samech, Ayn, Tzadi, Koph. Fondò, incise scolpì, combinò,
    pesò, permutò. Con esse sono state formate dodici costellazioni nell'universo, dodici mesi nell'anno e dodici organi in Néphesh
    (nell'anima), maschile e femminile.





    ןטרס םימואת רוש הלט םלועב תולזמ רשע םינש :'ד הנשמ

    :םיגד ילד ידג תשק ברקע םינזאמ הלותב הירא



    5-4 dodici costellazioni nell'universo, Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno,
    Acquario, Pesci.





    בא זומת ןויס רייא ןסינ הנשב םישדח רשע םינש :'ה הנשמ

    :רדא טבש תבט ולסכ ןושח ירשת לולא



    5-5 dodici mesi nell'anno, Nissan, Iyar, Sivan, Tamouz, Av, Eloul, Tishri, H'éshévan, Kislév, Tévéth, Shevat, Adar.





    םידי יתש הבקנו רכז שפנב םיגיהנמ רשע םינש :'ו הנשמ

    :לוחט הבק ןבקרוק דבכ ןיקד הרמ תוילכ יתש םילגר יתש



    5-6 dodici organi in Néphesh, due mani, due piedi, due reni, la milza, il fegato, la vescica, l'organo sessuale, lo stomaco, l'intestino.





    החישב 'ה תוא ךילמה (הנושארהמ' א אבב) :'ז הנשמ

    לגרו הנשב ןסינו םלועב הלט םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול רשקו

    רוהרהב 'ו תוא ךילמה (הנושארהמ' ב אבב) :הבקנו רכז שפנב ןימי

    הנשב רייאו םלועב רוש םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול רשקו

    'ז תוא ךילמה (הנושארהמ' ג אבב) :הבקנו רכז שפנב תינמי אילוכו

    ןויסו םלועב םימואת םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול רשקו ךולהב

    :הבקנו רכז שפנב לאמש לגרו הנשב



    5-7 fece la lettera Hé, la fece regnare sulla parola, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò l'Ariete nell'universo, Nissan
    nell'anno ed il piede destro nell'anima maschile e femminile. Fece la lettera Vav, la fece regnare sul pensiero, l'incoronò e la combinò
    con le altre. Con esse formò il Toro nell'universo, Iyar nell'anno ed il rene destro nell'anima maschile e femminile. Fece la lettera
    Zayin, la fece regnare sulla deambulazione, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò i Gemelli nell'universo, Sivan
    nell'anno ed il piede sinistro nell'anima maschile e femminile.





    רשקו היארב 'ח תוא ךילמה (הינשהמ' א אבב) :'ח הנשמ

    ןימי דיו הנשב זומתו םלועב ןטרס םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול

    העימשב 'ט תוא ךילמה (הינשה ןמ' ב אבב) :הבקנו רכז שפנב

    הנשב באו םלועב הירא םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול רשקו

    תוא ךילמה (הינשה ןמ'ג אבב) :הבקנו רכז שפנב תילאמש אילוכו

    םלועב הלותב םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול רשקו השעמב 'י

    :הבקנו רכז שפנב לאמש דיו הנשב לולאו



    5-8 fece la lettera Cheth, la fece regnare sulla vista, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò il Cancro nell'universo,
    Tamouz nell'anno e la mano destra nell'anima maschile e femminile. Fece la lettera Teth, la fece regnare sull'udito, l'incoronò e la
    combinò con le altre. Con esse formò il Leone nell'universo, Av nell'anno ed il rene sinistro nell'anima maschile e femminile. Fece la
    lettera Yud, la fece regnare sull'azione, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò la Vergine nell'universo, Eloul nell'anno e
    la mano sinistra nell'anima maschile e femminile.





    שימשתב 'ל תוא ךילמה (תישילשה ןמ' א אבב) :'ט הנשמ

    הנשב ירשתו םלועב םינזאמ םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול רשקו

    'נ תוא ךילמה (תישילשה ןמ' ב אבב) :הבקנו רכז שפנב הרמו

    ןושחו םלועב ברקע םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול רשקו חירב

    תוא ךילמה (תישילשה ןמ' ג אבב) :הבקנו רכז שפנב ןיקדו הנשב

    ולסכו םלועב תשק םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול רשקו הנישב 'ס

    :הבקנו רכו שפנב הבקו הנשב



    5-9 fece la lettera Lamed, la fece regnare sulla copula, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò la Bilancia nell'universo,
    Tishri nell'anno e la cistifellea nell'anima maschile e femminile. Fece la lettera Nun, la fece regnare sull'odorato, l'incoronò e la
    combinò con le altre. Con esse formò lo Scorpione nell'universo, H'éshévan nell'anno e l'intestino nell'anima maschile e femmina.
    Fece la lettera Samech, la fece regnare sull'odorato, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò il Sagittario nell'universo,
    Kislév nell'anno e lo stomaco nell'anima maschile e femminile.





    רשקו זגורב 'ע תוא ךילמה (תיעיברה ןמ' א אבב) :'י הנשמ

    שפנב דבכו הנשב תבטו םלועב ידג םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ול

    ול רשקו הטיעלב 'צ תוא ךילמה (תיעיברה ןמ' ב אבב) :הבקנו רכז

    שפנב ןבקרוקו הנשב טבשו םלועב ילד םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ

    ול רשקו קוחשב 'ק תוא ךילמה (תיעיברה' ג אבב) :הבקנו רכז

    שפנב לוחטו הנשב רדאו םלועב םיגד םהב רצו הזב הז ןפרצו רתכ ןימכ ןכרע המוח ןימכ ןרדיס הבירע ןימכ ןאשע .הבקנו רכז

    :המחלמ



    5-10 fece la lettera Ayin, la fece regnare sulla collera, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò il Capricorno
    nell'universo, Tévéth nell'anno ed il fegato nell'anima maschile e femminile. Fece la lettera Tzadé, la fece regnare sul gusto, l'incoronò
    e la combinò con le altre. Con esse formò l'Acquario nell'universo, Shevat nell'anno e la vescica nell'anima maschile e femminile.
    Fece la lettera Koph, la fece regnare sulla ilarità, l'incoronò e la combinò con le altre. Con esse formò i Pesci nell'universo, Adar
    nell'anno e la milza nell'anima maschile e femminile. Le formò come un'arca, le dispose come una muraglia, le schierò come in
    guerra.

    CAPITOLO SESTO




    השלש םהמ ואציו ש"מא תומא שלש םה ולא :'א הנשמ

    םהיתודלותו תובא השלש ,תודלות תובאמו שא םימ ריוא םהו תובא

    רבדל היאר .ןוסכלא ילובג רשע םינשו םהיתואבצו םיבכוכ העבשו

    השלשו העבשו קח רשע םינשו שפנ הנש םלועב םינמאנ םידע

    :בלו לגלגו ילתב ןדקפ



    6-1 ci sono Tre Madri AMSh. Da esse emanano Tre Padri, che sono aria, acqua, e fuoco. I Padri generano. Tre Padri e le loro
    generazioni. Sette pianeti ed i loro eserciti, dodici Frontiere diagonali. Ci sono dei testimoni per provarlo, sono l'universo, l'anno,
    l'anima ed una legge di dodici, di sette e di tre che ha stabilito nel TLI, il Ciclo, ed il Cuore.





    םימו הלעמל שא שא םימ ריוא ש"מא תומא שלש :'ב הנשמ

    תא אשונ שאה רבדל ןמיסו םיתניב עירכמ קח חור ריואו הטמל

    :םיתניב עירכמ קח חור ריוא 'א תקרוש 'ש תממוד 'מ ,םימה



    6-2 tre Madri AMSh aria, acqua, e fuoco. Il fuoco è sopra, l'acqua è sotto, ed il soffio dell'aria legifera fra loro. C'è un segno per
    questo, il fuoco sostiene l'acqua. Mêm è ronzante, Shin è sibilante ed Aleph è il soffio dell'aria che decide fra loro.





    ךלמכ הנשב לגלג ואסכ לע ךלמכ םלועב ילת :'ג הנשמ

    :המחלמב ךלמכ שפנב בל הנידמב



    6-3 TLI nell'universo è come un re sul suo trono. Il Ciclo nell'anno è come un re nello stato. Il Cuore nell'anima è come un re in
    guerra.





    ער תמועל בוט םיהלא השע הז תמועל הז תא םג :'ד הנשמ

    ערהו ערה תא ןיחבמ בוטה ערמ ער בוטמ בוט בוט תמועל ער

    :םיערל הרומש הערו םיבוטל הרומש הבוט בוטה תא ןיחבמ



    6-4 "così Dio ha fatto corrispondere uno all'altro ". Il bene è di fronte al male. Il male è di fronte al bene. Il bene è generato del
    bene. Il male è generato del male. Il bene definisce male il. Il male definisce bene il. Il bene è preservato dal bene. Il male è
    preservato dal male.





    דחאו הכזמ דחא דמוע ודבל דחא לכ השלש :'ה הנשמ

    קח דחאו השלש לומ השלש העבש .םיתניב עירכמ דחאו בייחמ

    השלש םיבהוא השלש המחלמב ןידמוע רשע םינשו .םיתניב עירכמ

    בלה םיבהוא השלש .םיתיממ השלשו םייחמ השלש םיאנוש

    ינש םייחמ השלש ןושלהו הרמהו דבכה םיאנוש השלש םינזאהו

    ךלמ לאו הפהו םיבקנה ינש םיתיממ השלשו לוחטהו ףאה יבקנ

    ,השלש יבג לע דחא .דע ידע דע ושדק ןועממ םלוכב לשומ ןמאנ

    הז םיקודא םלכו רשע םינש יבג לע העבש ,העבש יבג לע השלש

    :הזב



    6-5 tre: Ciascuno si tiene solo, un difensore, un accusatore, e uno decide tra loro. Sette: Tre contro tre ed uno che li tiene in
    equilibrio. Dodici in guerra: Tre amano, tre odiano, tre danno la vita e tre uccidono.

    Tre amano: il cuore e gli orecchi.

    Tre odiano: il fegato, la cistifellea e la lingua.

    Tre danno la vita: le due narici e la milza.

    Tre uccidono: i due orifizi degli occhi e la bocca.

    E Dio, Re fedele domina su tutti dalla Sua santa Casa per l'eternità delle eternità.

    Uno su tre, tre su sette, sette su dodici, E tutti sono legati uno all'altro.





    ה"יהא קקח ןהבש תויתוא םיתשו םירשע םה ולא :'ו הנשמ

    ידש לא תואבצ םיהלא תואבצ ה"והי ה"והי םיהלא םיהלא ה"והי ה"י רצו ומלוע ל

    כ תא םהמ ארבו םירפס השלש םהמ השעו ינדא ה"והי :רוצל דיתעה לכ תאו רוציה לכ תא םהב



    6-6 Queste sono le ventidue lettere con cui incise Ehyeh, Yah, YHVH Élohïm, YHVH, YHVH-Tzavaot, Élohïm-Tzavaot, El
    Shaddaï, YHVH Adonaï. Con esse ha fatto tre Libri, e con essi ha creato il Suo Universo. Con esse ha formato tutto che è stato
    formato e tutto ciò che sarà formato.





    רקחו ןיבהו הארו טיבה ה"ע וניבא םהרבא אבשכ :'ז הנשמ

    ןרחב ושע רשא שפנה תאו רמאנש האירבה ודי התלעו בצחו בצחו

    לע וקשנו וקיחב ובישוהו דעל ומש ךרבתי לכה ןודא וילע הלגנ דימ

    רמאנ םלוע דע וערזלו ול תירב תרכו יבהוא םהרבא וארקו ושאר

    וידי תועבצא רשע ןיב תירב ול תרכו .הקדצ ול הבשחיו 'הב ןימאהו

    רשקו .הלימה תירב אוהו וילגר תועבצא רשע ןיבו ןושלה תירב אוהו

    םימב ןכשמ ודוס תא ול הליגו ונושלב הרותה תויתוא םיתשו םירשע

    :תולזמ רשע םינשב ןגהנ העבשב ןרעב חורב ןשער שאב ןקלד



    6-7 quando Abramo nostro padre, possa riposare in pace, guardò, vide, comprese, sondò, incise e plasmò, riuscì a comprendere;
    allora si rivelò a lui il Maestro di tutto, possa il Suo nome essere benedetto eternamente, lo strinse a se, lo baciò sulla testa e lo
    chiamò, "Abramo il mio amato". Fece un patto con lui e con i suoi figli ed i loro discendenti, come è scritto, " Ed egli ebbe fede in
    Yhwh, e Yhwh glie ne fece un merito". Fece un patto con lui tra le dieci dita delle sue mani - è il patto della lingua - e tra le dieci
    dita dei suoi piedi - è il patto della MILA (circoncisione) -. Legò le 22 lettere della Thorah sulla sua lingua e gli rivelò il Suo mistero.
    Le immerse nell'acqua, le bruciò col fuoco, le agitò col soffio, le infiammò con i sette e le diresse con le dodici costellazioni.





    הריצי רפס ףוס

    6-8 fine del Sepher ha-Yetzirah.
    I. Le origini del Mondo secondo i Pitagorici e il Sepher Yetzirah

    … Il settimo sistema appartiene alla teoria che ammette la creazione delle cose, ma afferma che le prime [cose] create furono i
    numeri. Per mezzo dei numeri, sono differenziate le sostanze e le particelle. La geometria e le figure sono basate su numeri, per cui
    tutte le cose create hanno necessariamente una forma di un certo tipo. Secondo questa teoria, l’aspetto dell’oggetto creato precede
    l’oggetto stesso, per cui è questa la sua materialità. Comunque, se questa teoria – possa Dio avere pietà di te! – suppone il
    potenziale, e non l’attuale, anteriorità dei numeri alle cose enumerate, dobbiamo di conseguenza accettare ciò come una teoria giusta
    ed irrefutabile. Noi sosteniamo che il numero, in potenza, abbia prefigurato l’oggetto numerato, che la forma abbia preceduto la
    cosa formata; la figura, la cosa figurata; la geometria, la forma geometrica; e la composizione, la cosa composta, tutte in potenza e
    non nell’attuale. Ma se questa teoria assume l’esistenza dell’attuale anteriorità dei numeri puri, delle composizioni isolate, e dei
    teoremi astratti, questa supposizione è inammissibile per due ragioni:

    1 - La teoria implica che il Motore e le cose mosse furono unite da una terza entità: il moto; con l’agente formante e l’oggetto
    formato, si cita un altro oggetto: la forma; e insieme al Creatore e alla sua creatura, afferma necessariamente l’esistenza di un terzo
    elemento: la creazione e ciò è assurdo.

    2 - É contraddittorio parlare di composizione astratta e puro teorema, dal momento che questi sono necessariamente basati da
    almeno due termini.

    L’ottavo sistema appartiene alla teoria che accetta la creazione, ma ascrive le origini delle cose ai numeri e alle lettere. Questa
    teoria è dell’autore di questo libro. Infatti, egli attribuisce l’origine della creazione del Creatore a trentadue cose: i dieci numeri e le
    ventidue lettere. Egli non dice, comunque, che sono cose astratte ed isolate. Dice solo che Dio ha creato l’aria e ha stabilito in essa
    le trentadue cose. I numeri secondo lui, attraversano l’aria, che è composta da particelle distinte. Quando il flusso dell’aria segue
    queste linee dirette ed incurvate, produce le figure. Dopo aver esaminato questa teoria, troviamo questi punti corretti, ma hanno
    bisogno di essere completati dall’esposizione seguente. Lo stesso si applica alle lettere. Quando il loro Creatore le ha stabilite
    nell’aria, furono separate, e furono create figure di aspetto diverso e forme geometriche secondo la facoltà di ogni lettera isolata,
    due lettere combinate, o un insieme di più lettere.

    I nostri rabbini affermano qualcosa di simile riguardo la scena del Monte Sinai nelle Scritture, poiché si dice: "E tutta la gente vide la
    voce", [Esodo XX, 15]. I rabbini chiesero come fosse possibile vedere i suoni? Spiegarono che il Saggio portò un fuoco potente e
    brillante giù dalla montagna, ed è detto: "Affinché l’Eterno discenda su di essa nel fuoco", [Esodo XIX, 18]. Poi Egli la circondò con
    una nube nera, "e la montagna bruciò con fuoco fino alla metà del cielo, con buio, nuvole, e spessa oscurità", [Deuteronomio IV,
    11]. Questa oscurità è la nube nera, come è detto: "Egli fece dell'oscurità il suo posto segreto; il suo padiglione intorno a cui stavano
    le acque nere e le spesse nuvole dei cieli", [Salmi XLVIII, 12]. Così Egli creò la voce scintillante nel fuoco; la voce emanò dal
    fuoco e la sua forma apparve nella nuvola secondo l’impulso prodotto dal movimento della pronuncia nell’aria. La gente vide questa
    forma e capì che ciò era la scintilla che il fuoco aveva proiettato nell’aria nera circostante, come si disse: "E l’Eterno parlò su di voi
    dal centro del fuoco", [Deuteronomio IV, 12], e fu detto: "quando udirete la voce provenire dal cuore delle tenebre",
    [Deuteronomio V, 23]. Come esempio di ciò, notiamo che quando qualcuno parla in una giornata fredda, l’articolazione della voce
    taglia l’aria e produce forme che variano secondo linee diritte o incurvate secondo la corrente che il suono segue. Similarmente,
    l’autore asserisce che i numeri e le lettere sono le origini delle cose; egli le intende con l’aria, come abbiamo appena dimostrato
    […].



    II. Sui nomi divini e le categorie aristoteliche



    Sui Nomi Divini potete consultare anche l'ampia sezione dedicata:

    "I Nomi Divini"



    Cosa significano i dieci nomi di Dio elencati all’inizio e perché l’autore non si limita ad uno solo? I nomi di Dio, come quelli di tutti gli
    esseri, si riferiscono agli eventi attuali o presunti. Nel Ma’aseh Bereshit o Libro della Creazione,

    Lo trovi nella sezione "Testi che fanno Testi"

    Il "Ma'aseh Bereshit"



    Dio è chiamato Élohïm, il nome dell’essenza. Egli non è chiamato Eterno [Adonai, Yud-vav-Yud] prima della creazione delle
    creature, perché per essere il Signore, deve essere il Padrone di qualcuno. I Saggi hanno detto: "Egli ha indicato un nome completo
    per un mondo completo", [Bereshit Rabba, XIII]. Egli è chiamato El Shaddai ["Dio Onnipotente", Genesi, XVII, 1] quando ordina
    la circoncisione di Abramo e dice: conti su di me chi aiuta e salva.

    Definisce se stesso "Sono chi sono" [Ehyeh asher ehyeh, Esodo III, 14] quando fece i miracoli e le cose meravigliose come i
    fenomeni della creazione, le dieci piaghe e il resto. Egli è l’Uno che realizza ma non può essere realizzato. Chiama se stesso Yah
    [Yud-Hé] quando fece i miracoli straordinari sul Mar Rosso. Chiama se stesso Élohïm Hayyim ["Dio vivente"] quando rivelò la sua
    voce al popolo ed esso l'ascoltò senza morire, ma fu data la vita, per cui fu detto: "Per chi è qui di sola carne che ha ascoltato la
    voce del Dio vivente" [Deuteronomio, V, 26]. Chiamò se stesso Adonaï Çebaoth ["Eterno (o Signore) degli Eserciti"] quando
    furono narrati il pellegrinaggio del popolo e la riunione nel santuario, e fu detto: "E quest’uomo saliva ogni anno dalla sua città verso
    la fede e al sacrificio all’Eterno degli eserciti in Shiloh", [I Samuele I, 3]. É chiamato Alto e Senza Pegno [Ram v'Nisah] quando
    Isaia parla di Uzziah, re di Giuda: "Nell’anno in cui il re Uzziah morì io vedevo il Signore seduto su di un trono, alto ed elevato",
    [Isaia VI, 1]. Sul conto di Uzziyahu, ha detto: "Appena egli si fu fortificato, il suo cuore si insuperbì fino al punto di causare rovina:
    poiché aveva trasgredito contro il Signore suo Dio", [II Cronache XXVI, 16]. Chiamò se stesso Signore [Adone] quando annunciò
    che avrebbe innalzato il nobile tra la gente, per cui fu detto: "Per osservare il Signore, il Signore degli Eserciti non allontanarti da
    Gerusalemme", Isaia III, 1]. É spesso chiamato il Dio Eterno [Yud-Vav-Yud Élohïm] nei libri di Geremia e Ezechiele, non l’eterno
    degli Eserciti [Yud-Vav-Yud Tsvaot (Çebaoth)] perché le legioni di Israele sono state disperse e la Sua totalità è stata frammentata.
    Quando gli israeliti si raccolsero nel secondo tempio, chiamò se stesso l’eterno degli eserciti, e questo appellativo è sempre usato
    nelle profezie di Haggai, Zaccaria, e Malachia. Solo una volta si nominò Eterno Dio di Israele. Ciò è nel verso: "Lascia che lui la invii
    lontano dice l’Eterno Dio di Israele", [Malachia II, 16]. Questo appellativo può essere interpretato in senso generale e ristretto. Nel
    senso ristretto, la legge del divorzio può essere applicata ad un israeliano solo da un altro israeliano, e non da pagani. Se i pagani
    impongono il divorzio, questo è nullo. Nel senso generale del termine, si riferisce al possesso di Israele da parte del Signore.
    Tuttavia Israele non è stato cacciato ed esiliato, né il Signore l’ha abbandonato o ripudiato, ma lo considera Suo proprio. É stato
    chiamato "quello che cambia i tempi e le stagioni", [Daniele II, 21] quando Egli trasforma l’era della dominazione in quella della
    servitù. É stato definito "Colui che rimuove i re e incorona i re", [Daniele II, 21] quando detronizzò Sedecia e fece re
    Nabuccodonosor. Fu definito: "Colui che dà la saggezza al saggio", [Daniele II, 21] perché insegnò la saggezza a Daniele. É stato
    definito "Colui che rivela le cose profonde e segrete" [Daniele II, 22] poiché rivelò la natura della visione a Daniele. Finalmente, fu
    detto: "E Esdra benedisse il Signore, il grande Dio", [Nehemiah VIII, 6], per cui di Dio fu detto: "La Gloria di questa ultima casa
    sarà più grande della precedente", [Haggai II, 9].

    I nomi degli angeli corrispondono in modo simile agli eventi che rappresentano i compiti che l’angelo deve portare a termine.
    Quando Dio inviò gli angeli da Abramo per annunciare le liete notizie, essi gli assomigliavano e furono perciò chiamati "Uomini"
    [Anashim, Genesi XVIII, 2]. Quando Dio inviò gli angeli a distruggere Sodoma, essi furono chiamati "Angeli" [Malachia, Genesi
    XIX, 1]. Quando Dio li inviò da Isaia per bruciarlo con il carbone ardente poiché aveva ignorato di mettere in guardia Israele,
    furono chiamati "Seraphïm", per cui fu detto: "Quindi uno dei Seraphïm volò su di me tenendo un carbone acceso nella sua mano…
    e la posò sulla mia bocca", [Isaia VI, 6-7]. Quando Ezechiele li vide nella forma di animali, furono chiamati "Hayyot" ["Creature"
    Ezechiele I, 5]. Gli angeli, che non tornarono indietro quando vennero, furono chiamati "Ophanïm", ["ruote" Ezechiele I, 15]. I più
    elevati fra loro sono stati chiamati "Cherubïm" [Ezechiele X, 1] perché ogni essere elevato fra gli uomini è chiamato "cherub", come
    è stato detto del re di Tiro: "Tu sei l'unto cherubino che copre, e io ti ho posto", [Ezechiele XXVIII, 14].

    I nomi dei corpi celesti variano secondo le loro diverse caratteristiche. Quello con una luce splendente nel centro è chiamato
    "luminoso" [o "luminario"] come è detto: "Tutta la luce risplenda", [Ezechiele XXXII, 8], secondo la durata del Sole. La stella con
    un minore lucentezza è chiamata "Nogah" ["splendente"] a seguito di un nome scelto per la Luna, come è stato detto: "né con questa
    né con quella nessuna lucentezza la luna potrà darti luce", [Isaia LX, 19]. Nogah è anche il nome ebraico di Venere. Le stelle con
    una natura calda sono chiamate "Kesilim" ["costellazioni" e "Orione"], come è detto: "Per le stelle del paradiso e le costellazioni"
    [Isaia XIII, 10]. Questo si riferisce al nome di Orione, che è Kesil e i suoi fuochi. Le luminarie con una natura fredda sono chiamate
    Mazzaroth ["Pleiadi"], come è detto: "Potresti tu portare avanti Mazzaroth nelle sue stagioni?" [Giobbe XXXVIII, 32]. I diversi
    nomi per glorificare Israele come Giacobbe, Israele, e Jeshurun [Deuteronomio XXXII, 15]; e i suoi diversi nomi di biasimo come
    "M'shuva" ["ritorno alla colpa", Geremia III, 6], "B' gedah" ["traditore", Geremia III, 8], "Oholah" e "Oholibah" [Ezechiele XXIII,
    4] corrispondono a particolari eventi. Questi nomi di angeli, luminari, e della nazione sono un’interpretazione delle caratteristiche
    attuali. I nomi del Creatore, comunque, sono solo delle indicazioni ed estrazioni [astrazioni] dei suoi poteri – possa Egli essere
    lodato ed esaltato!

    L’autore del nostro libro intende dimostrarci come è realizzata l’esistenza degli esseri. Quando i saggi afferrarono questa
    conoscenza, scoprirono le dieci, e solo dieci, categorie che la ragione può usare per ordinare tutte le cose: sostanza, quantità,
    qualità, relazione, spazio, tempo, possesso, posizione, azione, e passività. Quando i saggi stabilirono con precisione queste dieci
    categorie, nessun concetto rimase non connesso ad esse tranne l’idea del Creatore, poiché Egli è sopra ogni intuizione e
    comprensione. Di conseguenza, il nostro autore ha enumerato queste dieci categorie all’inizio del suo libro a beneficio del resto della
    sua esposizione. Il nome Yah si riferisce alla sostanza [essenza] che l’autore traduce come Eterna, e la deriva dalla parola Hayyot
    [essere o creatura] e "hayu" ["essi sono stati"]. Questo nome si applica all’eternità, e Dio è il Creatore di tutte le sostanze. Il nome
    Eterno Çebaoth [Eterno degli Eserciti] corrisponde alle categorie di azione e passività. L’Eterno è attivo, come è detto: "Io sono
    l’Eterno che crea tutte le cose", [Isaia XLIV, 24]. Il passivo, che è grande in numero, è chiamato "legione" [moltitudine di armate].
    Il nome Dio Vivente [Élohïm Hayyim] si riferisce a Élohïm come il Creatore della quantità, per cui la misura della vita (cioè l’età) è
    una misura quantitativa. Il nome El Shaddaï ["Dio Onnipotente"] si riferisce a Dio il Creatore della qualità, per cui il nome Shaddaï
    [Shin-Daleth-Yud] deriva da "dai" [Daleth-Yud, "sufficiente"] e "daim" [Daleth-Yud-Mem, "sufficientemente"]. Il nome Eloha Israele,
    Dio di Israele, si riferisce alla relazione. Il nome Lofty (!?) [Ram] si riferisce a Dio come Creatore di Dio stesso, mentre il nome
    Nisah ["elevato"] si riferisce alla categoria della posizione. Il nome Shokhen Ad ["residente in eternità"] indica il nome prima e dopo
    che Egli è; e finalmente, l’epiteto Qadosh Shmo ["Bendetto sia il Suo Nome"] si riferisce alla categoria del possesso e ai nobili
    attributi che consentono alla nostra intelligenza di raggiungere un’idea approssimata di Lui. Di conseguenza, i dieci nomi chiaramente
    si accoppiano alle dieci categorie, e secondo il nostro autore, non resta nulla che Dio non ha creato.

    Dopo un profondo esame e un’analisi dettagliata, concludiamo che i Dieci Comandamenti appresi dai nostri padri davanti al Monte
    Sinai corrispondono alle stesse dieci categorie che abbracciano ogni regola. Il comandamento "Io sono l’Eterno" allude alla
    categoria dell’azione, poiché è detto: "Io sono l’Eterno che crea tutte le cose", [Isaia XLIV, 24]. Il comandamento "Non devi avere
    altri dei…" si riferisce alla sostanza, per cui aggiunge: "quello che è in cielo sopra o in terra sotto o quello che è nell’acqua sotto la
    terra." Il comandamento "Non pronuncerai (il nome del Signore invano) si riferisce alla qualità dal momento che molti giuramenti si
    applicano solo ai modi di essere. Il comandamento "Ricorda il giorno di Sabbath" si riferisce esplicitamente alla categoria del tempo.
    Il comandamento "Onora tuo padre e tua madre" è la relazione stessa. Il comandamento: "Non uccidere" indica la categoria della
    passività, poiché è detto: "a immagine di Dio Egli creò l’uomo" [Genesi IX, 6]. Il comandamento: "Non commettere adulterio"
    designa la categoria della posizione, poiché questo atto è una specie di posizione e contatto. Il comandamento: "Non rubare"
    corrisponde direttamente al possesso. Il comandamento: "Non commettere spergiuro" si riferisce alla quantità dal momento che la
    maggior parte delle false testimonianze si applicano alla misura. Finalmente, il comandamento: "Non desiderare le cose altrui" indica
    spazio e tutto ciò che corrisponde ad esso; per cui il Saggio aggiunge: "la casa del tuo vicino." Di conseguenza il decalogo
    comprende chiaramente tutte le nozioni nel mondo. Allo stesso modo, i 613 precetti devono di conseguenza essere contenuti nel
    decalogo senza eccezione.

    Coordinando questi precetti che si accordano con i Dieci Comandamenti, ho scoperto che 80 precetti corrispondono al primo
    comandamento, 60 corrispondono al secondo comandamento, 48 corrispondono al terzo, 75 al quarto, 77 al quinto, 50 al sesto,
    58 al settimo, 59 all’ottavo, 52 al nono, e 54 al decimo. Tutto questo ammonta a 613. Ci sono 620 lettere nel decalogo, delle quali
    613 corrispondono ai 613 precetti. Le rimanenti sette lettere sono contenute nelle due parole rimanenti: "quello che è del tuo vicino",
    ma sono già incluse nelle parole immediatamente prima di esse: "né qualunque cosa" [Esodo XX, 17]. Sia benedetto il Saggio che
    mette così tante cose in così poche parole!

    Le parole [dal Sepher Yetzirah] "Stabilì il suo universo con tre sepharim" indicano i tre modi di registrare tutte le cose. I saggi
    contano quattro aspetti: sostanza, parola, scrittura e pensiero. Per esempio, noi vediamo un uomo nella sostanza; o pronunciamo la
    parola: "uomo"; o scriviamo le lettere: UOMO; o rappresentiamo un’immagine dell’uomo con il pensiero. Ora perché il nostro
    autore elenca solo tre aspetti di una cosa? Le chiama "tre sepharim" ["tre libri"] o "tre scritti", e questi sono: scrittura, numero e
    parola. Quando ad esse è aggiunta la categoria della sostanza, queste comprendono i quattro aspetti. Sostanza e pensiero non
    variano. Visto secondo queste due categorie, l’oggetto dà la stessa impressione a tutti gli uomini. Gli altri due aspetti, scrittura e
    parola, variano, per cui noi vediamo molti differenti linguaggi e scritti. Comunque, le idee che a questi sottendono non sono diverse.

    III. Sui Numeri "Chiusi", Madri, Doppie, Semplici



    L’autore poi spiega le trentadue vie, e afferma che queste sono dieci numeri e ventidue lettere. Noi traduciamo la parola "b’limah" con "chiuso". La traduzione letterale è fornito di freno (1), come è detto: "la cui bocca deve essere tenuta con il freno e il morso" [Salmo XXXII,9]. L’autore poi divide le lettere in "tre madri fondamentali". Il senso della parola [Aleph-Vav-Mem, ôm] è "madre" e questo è un termine confermato nella Mishnah. É detto: "C’è una madre per la tradizione e una madre per la lettura" [Pesahim 6b; Sukkah 6b]. Questo significa che la Legge è stata interpretata: secondo il principio della Scrittura e secondo il principio dell'insegnamento orale. La parola [ôm] è chiamata l’origine primitiva della parte del corpo dove risiede la lebbra, come nel brano: "O la ferita originaria è sparita o è diminuita" [Nega'im, I, 5]. Utilizzando questa metafora, l’autore dice "tre lettere fondamentali" [yesod Ghimel otiot].

    La traduzione letterale delle parole "sheva k'phulot" è "sette doppie", poiché è detto che ci sono due tipi di conoscenza: "I segreti della saggezza, che sono molteplici" [Giobbe XI, 6]. Questa è la conoscenza del Creatore e la conoscenza delle creature. Ci sono anche due tipi di punizione: "poichè essa [Gerusalemme] ha ricevuto dalle mani del Signore il pieno ammontare per tutti i suoi peccati" [Isaia XL, 2]. Queste sono punizioni nella persona e nella fortuna, del sacro e del profano, per il re e per la moltitudine, e per il colto e il volgare.

    Le parole "shtem esre ph'shutot" indicano le "dodici semplici" lettere. Rispetto agli oggetti composti, le cose isolate e separate sono considerate"semplici" per distinguerle da quelle composte, come è detto: "un semplice anno" per distinguerlo da un anno embolismico. L’anno semplice è di dodici mesi, l’anno embolismico ne ha tredici. Si dice anche "primo nato" e "semplice". "Primo nato" si riferisce a due parti, "semplice" ad una sola. Nelle carte astronomiche degli anni complessi, questa è la misura approssimativa della rivoluzione di una determinata stella. Gli anni semplici sono la media della sua progressione attraverso ogni anno solare. Poiché le sette lettere sono doppie, le rimanenti lettere sono chiamate semplici per distinguerle da quelle composte…[…]
    V. Sul Geometrico "Turbine" delle Lettere Ebraiche:


     
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    אילון

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    "I dieci numeri chiusi sono dieci e non nove, né undici; conoscili nella saggezza e medita su di loro nell’intelligenza; conosci, rifletti e credi; colloca la cosa secondo la sua manifestazione e dimostra il Creatore dalla sua qualità. I numeri corrispondono ai dieci infiniti, il cui inizio lampeggia come il fulmine; ma non si può trovare la loro fine se si cerca il loro limite;e la legge del Creatore li ha fatti come angeli che correvano e ornavano; ed essi ubbidiscono al suo volere come un turbine, ed è come se essi volessero prostrarsi davanti al suo trono."

    …Delle due frasi che seguono le tre proposizioni, la prima è: "Il suo Verbo corre in esse avanti e indietro." Ciò che l’autore intende è che ogni volta che i numeri arrivano a dieci, ritornano e cominciano di nuovo, eternamente e senza limiti per noi,come è anche detto per gli angeli: "E le creature correvano e tornavano come con l'aspetto del lampo" [Ezechiele I, 14]. Tornavano e partivano ancora, ed è come se fossero stati immobili, come è detto: "Puoi tu inviare fulmini, come se potessero andare, e dire a te, siamo qui?" [Giobbe XXXVIII, 35]. Essi hanno facce su tutti i lati, e pertanto è detto: "E osservo, l’angelo che ha parlato con me si allontanò, e un altro angelo venne fuori per incontrarlo", [Zaccaria II, 3]. Non è detto che l’angelo apparve "dietro di lui" perché l’angelo presenta una faccia verso ogni direzione in cui si volge. Come i numeri, le lettere si ripetono sempre, seguendosi e alternandosi senza fine per noi.

    La seconda delle due affermazioni è: "e quando parla simile ad un uragano, si prostrano davanti al suo Trono e lo adorano". L’intenzione dell’autore qui è di enfatizzare come le lettere e i numeri si formano nell’aria. Egli dice che i turbini descrivono forme e figure nell’aria, e benché tutte differiscono fra loro, sono ancora tutte circolari. Tra le loro forme materiali, alcune sono più oblunghe, altre combinano il cerchio con il quadrato, altre combinano il cerchio e il triangolo, alcune sono composte di sfere sovrapposte, e ancora altre sono composte da sfere compenetrate. Tutti questi sono tipi di turbine. Questa analogia spiega come le lettere e i numeri sono formati e sono balzati nell’aria; e per questo che è detto: "L’eterno ha la sua strada nel turbine di vento e nella tempesta", [Nahum I, 3]; ed anche: "Per osservare, l’Eterno verrà con il fuoco, e con i suoi carri come un turbine" [Isaia LXVI,15]. Ezechiele dimostrò ciò in riferimento all’ophanïm e al hayyot; i cerchi [o ruote] si compenetrano come condotti entro condotti. La stessa cosa può essere detta per la giunzione del turbine nel turbine e la tempesta nella tempesta. Così è chiaro che Dio – possa Egli essere celebrato ed esaltato – ha rivelato le luci del hayyot e dell’ophanim che hanno forme circolari. Ai profeti furono anche mostrati i venti che hanno le stesse forme circolari, come è stato detto: "poi l’Eterno rispose a Giobbe dal turbine" [Giobbe XXXVIII, 1], e altrove: "dal turbine" [Giobbe XL, 6]. Se è stata compresa opportunamente la formazione delle lettere nell’aria, ciò non sembrerà difficile. Come per il detto: "Essi si prostrano davanti al Suo trono", allude semplicemente ai numeri e alle lettere che gli obbediscono ed eseguono i suoi ordini. La parola "prostrano" non deve essere intesa nel senso letterale…


    VI. Sulla Rotazione delle Lettere e lo Zodiaco



    "Quando diciamo che è per mezzo di questi metodi che l’Eterno, Maestro della moltitudine, Dio di Israele, Élohïm Vivente, Re dell'universo El Shaddaï, misericordioso e clemente, supremo ed eccelso che risiede in Alto e il cui Nome è Santo, ha tracciato le ventidue lettere secondo la costruzione della ruota, ci riferiamo alla rotazione delle ruote che hanno spostato nella parte posteriore ciò che era stato posizionato nella parte anteriore. Accade lo stesso con le lettere quando vengono invertite, mettendo dietro ciò che era stato posto davanti. Prova di questo è la dimostrazione che dicendo 'oneg' ['delizia'] che è qualcosa di desiderabile, quando si dice 'nega' ['pestilenza'] che è qualcosa di detestabile: le lettere sono le stesse, solo invertite."

    Questo verso è un punto di capitale importanza del libro, cioè che il Creatore – Santo sia il Suo Nome – ha così disposto alcune delle lettere e numeri per creare un tipo di corpo. Poi Egli ha invertito la loro posizione per creare un corpo diverso dal primo. L’autore ci da due paragoni che emergono dalla rotazione delle ruote e la rotazione delle lettere. Altri esempi possono essere forniti, ma noi cominceremo con questi due. Se le tre lettere: Het, Tsadeh e Resh (rxh) sono combinate, il loro significato in questo ordine è "cortile". Se noi cambiamo la posizione di Tsadeh e Resh, pronunciando la parola harats (xrj), il suo significato diviene "tagliare." Se combiniamo le lettere nell’ordine di Resh, Tsadeh e Het, che si pronuncia retsah (jxr), il significato muta in "omicidio." Se combiniamo le lettere nell’ordine di Tsadeh, Het, e Resh (rjx), questo è allora pronunciato tsohar e significa "bianchezza". Queste quattro parole sono esempi delle stesse lettere usate in ordine diverso. Talvolta i diversi modi di combinare le lettere non ha un significato. Se le lettere kaph, Shin e Resh (rck) sono combinate in questo ordine, esse significano qashar, "legare". Se sono ricomposte nella forma di Kaph, Resh Shin (crk), o qeresh, il significato è "raggio". Le stesse lettere combinate come sharaq (krc) significano "fischio", e la combinazione di Resh, Shin e Kaph (kcr) si pronuncia reshaq e significa "felicità". Non c’è, comunque, alcun significato per la combinazione di Resh, Kaph e Shin (ckr) in questa lingua. Una parola di Quattro lettere moltiplica il numero delle possibili combinazioni come una parola di cinque lettere le moltiplica ancora di più […]

    … É in particolar modo chiaro a chiunque versato alla scienza della rivoluzione delle sfere. Quando la sfera percorre la misura di un segno zodiacale, risultano diverse figure che portano in gioco una diversa influenza, secondo i dati di questa scienza. Esaminiamo l’immagine rappresentata della sfera per questo giorno presente, che è Martedì, il dodicesimo giorno del mese di Sivan,



    nono mese del calendario ebraico. Per il calendario ebraico puoi consultare in questa stessa sezione:

    "Il Calendario Ebraico"



    dell’anno 1242; il sole era al 7° dei Gemelli, la Luna al 2° dello Scorpione, Saturno al 14° del Capricorno, Giove al 25° dei Pesci, Marte al 40° dei Pesci, Venere al 25° del Cancro, e Mercurio al 20° del Toro. Se avessimo iniziato il nostro lavoro nella prima e nella seconda ora del giorno, le più potenti luminarie nella sfera celeste sono il Sole all’orizzonte e Giove e Marte, dal momento che sono entrambi nel mezzo del cielo. I quattro altri pianeti sono nascosti dal momento che Venere è al 2°, la Luna nel 6°, Saturno nell’8° e Mercurio al 12°. Qualunque cosa sotto l’influenza dei primi tre è fortemente attuabile, poiché la loro luce cade nell’orizzonte. L’influenza dei quattro altri pianeti è debole, poiché l’orizzonte non riceve la loro luce. Se facciamo il nostro lavoro durante la terza e la quarta ora del giorno, la sfera celeste ha già raggiunto un altro segno. Il Cancro è all’orizzonte, la Luna è al 5°, Saturno nel 7°, Giove e Marte al 9°, Mercurio all’11°. L’influenza di ognuno di essi dipende dalla forza derivante dalla sua posizione. Se facciamo il nostro lavoro durante la quinta e sesta ora del giorno, due segni sono passati e il Leone è all’orizzonte. Le potenti luminarie nella sfera sono il Sole, poiché è all’11°, Mercurio al 10°, e la Luna al 4°. Riguardo Venere, Saturno, Giove e Marte, essi sono tutti nascosti, e quelli sotto la loro influenza ne percepiranno l’effetto. Se facciamo il nostro lavoro durante la settima e l’ottava ora del giorno, un quarto della sfera avrà ruotato, la Vergine sarà all’orizzonte e nessuno dei pianeti sarà nascosto. La Luna sarà al 3°, Saturno al 5°, Giove e Marte al 6°, Mercurio al 9°, Venere all’11°. In questo caso, tutte le influenze si implementano l’una con l’altra. Se stiamo lavorando durante la nona e la decima ora del giorno, un animale [Hayyoth] della sfera avrà ruotato. Lo Scorpione apparirà insieme alla Luna, e la sfera prenderà un’altra forma secondo la sua rivoluzione. L’influenza dei raggi, l’oroscopo e le altre condizioni astronomiche sono di conseguenza trasformate come la sfera procede nel moto di rivoluzione. Le stelle fisse, le stelle mutanti, e le stelle con due corpi allo stesso modo dimostrano questa trasformazione durante ogni quarto del giorno (che inizia di nuovo ogni sei ore). Ho riportato questi esempi solo perché l’autore li ha enfatizzati dicendo: "e ritornano le ruote avanti e dietro".

    VII. Sul Regno Etereo e la sua Relazione con la Profezia



    Le Sacre Scritture chiamano la seconda, più indefinita aria Kavod ["gloria"], poiché è detto:"La terra tutta è piena della Sua gloria" [Isaia VI, 3]; e Dio Stesso ha dichiarato: "Come è vero che Io vivo, tutta la terra deve essere piena della gloria dell’Eterno" [Numeri XIV, 21]. Il popolo lo chiamano Shekhinah ["dimora" o "residenza"] così è detto: "E la Gloria dell’Eterno dimora" [Esodo XXIV, 16], e altrove: "che la gloria possa dimorare nel nostro paese" [Salmi LXXXV, 9]. L’autore del nostro libro Lo ha chiamato "respiro del Dio Vivente" così è detto: "E il mio spirito rimarrà in te, poiché tu non temi", [Haggai II, 5]. Tramite questa seconda, più indefinita aria, la parola della profezia è trasmessa, come è detto: "Lo Spirito del Dio Eterno è su di me" [Isaia LXI, 1]. É sempre tramite questa seconda, aria indefinita che tutti i miracoli visibili sono apparsi ai profeti, come è detto: "in una visione dello Spirito di Dio" [Ezechiele XI, 24]. Questa è evidentemente una cosa creata, poiché qualsiasi cosa al di fuori del Creatore, possa essere il Suo Nome sempre esaltato! è una cosa creata, poiché è detto: "non c’è nessun altro al di fuori di Lui" [Deuteronomio IV, 35]. Comunque questa seconda, indefinita, ma aria creata, che è nel mondo come la vita è nell’uomo, la parola creata udita da Mosè nell’aria visibile è stata prodotta insieme al decalogo ascoltato dai nostri padri. Questa è stata chiamata: "voce del Dio vivente" [Deuteronomio V, 26]. Attraverso la voce del Dio vivente, le sette qualifiche della voce dell’Eterno sono parlate. Da questa seconda aria deriva la conoscenza della saggezza, che Dio ha tramandato per gli uomini insigni, come è detto: "E lo spirito dell’Eterno resterà su di lui, lo spirito della saggezza e della comprensione, lo spirito del consiglio..." [Isaia XI, 2]. Da questa conoscenza derivano le facoltà del coraggio e del valore, che Dio garantisce a chiunque Lui voglia, poiché è detto: "Allora lo Spirito dell’Eterno venne su Jephthah" [Giudici XI, 29] e: "Ma lo Spirito dell’Eterno venne su Gideon" [Giudici VI, 34]. Per questa ragione, l’autore del nostro libro ha dato "vita alle parole" come primo nome.

    Secondo il senso delle parole: "di coloro il cui trono è fortificato dall’inizio", questo significa che la seconda, tenue aria è per Dio, possa Egli essere celebrato ed esaltato! come il trono, per comparazione, è per il re. Così è detto: "L’Eterno ha preparato il Suo trono nei cieli; e il Suo regno governa su tutto", [Salmi CIII, 19]. Questa è la ragione per cui il Tabernacolo è stato chiamato il Suo trono, secondo il verso: "essi chiameranno Gerusalemme il trono dell’Eterno" [Geremia III, 17].

    Riguardo il significato delle parole: "benedetto e il cui nome è benedetto" questo è un appellativo generico per la luce che entra nell’aria visibile dell’intero mondo sottostante, come è detto: "E benedetto sia il Suo glorioso nome per sempre: e sia la terra riempita della sua gloria" [Salmi LXXII, 19]. Questo oggetto è anche ciò che il Saggio ha chiamato "Ruach Ha-Qodesh" ["Spirito Santo"]. Attualmente, dopo che la profezia è sparita, apparve a loro una luce come se fosse riflessa da uno specchio, ed essi sentirono una voce come un eco, che è come dire che il deserto la riverberò a loro, e ciò è stato chiamato "Bath Qol" ["figlia della voce"], che significa bambino a causa della sua voce. Riguardo a ciò, la Scrittura ha detto: "E le tue orecchie ascolteranno una parola dietro di te, che dice…" [Isaia XXX, 21]. La Scrittura non ha detto: ["davanti a te"].

    L’autore del nostro libro dice che questo concetto fu la prima cosa creata, e che è la cosa più tenue nell’esistenza, ma anche la più forte. Questa è seguita dall’aria visibile dove il Creatore ha formato i dieci numeri e le ventidue lettere…



    VIII. Sulla Geometria della Fonetica e l’Ordine dell’Alfabeto:



    Le ventidue lettere sono tre principali, sette doppie, e dodici semplici, che sono aperte nell’aria, tracciate dalla voce e situate in cinque posti nella bocca. Sono state divise tra loro in cinque sezioni:

    1 - Aleph, Hé, Het, Ayn sono pronunciate all’estremità della lingua con l’ugola.

    2 - Beth, Vav, Mem, Phé sono pronunciate con le labbra che si toccano e con la punta della lingua.

    3 - Ghimel, Yud, Kaph, Qof sono articolate con il lato della lingua.

    4 - Daleth, Thet, Lamed, Nun, Tav con la parte di mezzo della lingua.

    5 - Zayn, Shin, Samekh, Resh, e Tsadeh sono pronunciate tra i denti con la lingua bassa.

    Secondo le diverse posizioni nella bocca necessarie ad articolarle, c’è anche una differenza tra le lettere nel modo in cui sono tracciate nell’aria. Così l’autore ha detto "scolpite con il soffio", "incise con la voce". La voce traccia le lettere, le invia attraverso l’aria, le apre e le ordina. Il gruppo Aleph, Hé, Het e Ayn [ahacha] è il più delicato e produce una linea dritta nell’aria. É seguito da Ghimel, Yud, Kaph e Qof [gikhaq], che producono nell’aria figure triangolari sia diseguali che equilatere secondo il loro moto. Questo gruppo è seguito da Daleth, Thet, Lamed, Nun, Tav [datlanat] che producono figure quadrate, sia semplici che complesse secondo il loro movimento. Poi seguono Zayn, Shin, Samekh, Resh, e Tsadeh [zshosrots] che producono figure oblique, alcune con angoli retti, altri acuti o ottusi secondo il loro movimento nell’aria. Finalmente le lettere Beth, Vav, Mem e Phé [bumaph] producono forme sferiche nell’aria secondo la forza della loro pronuncia, alcune semplici ed altre più complesse. L’autore ha ordinato il gruppo [bumaph] dopo [ahacha] poiché Beth è la seconda lettera dell’alfabeto. Egli che per primo definì la sequenza alfabetica, collocò Beth verso l’inizio per separare questi cinque diversi gruppi di lettere, e per impedire la loro combinazione, come anche per eliminare qualsiasi difficoltà a studenti e bambini nella pronuncia delle lettere. Attualmente, la composizione delle parole con queste ventidue lettere di solito combina solo le lettere corrispondenti ai diversi organi vocali. Due lettere che appartengono allo stesso raggruppamento sono molto raramente combinate con un altro. Così Zayn e Shin non appaiono mai vicine l’una con l’altra nella lingua Ebraica; né avviene per Samech e Shin; né Kaph e Ghimel; né Daleth e Tet sono accoppiate nella stessa parola. Ho già spigato ciò nel primo dei libri grammaticali…


    IX. Sulle 231 Porte delle Permutazioni delle Lettere



    Quando Egli traccia, taglia, moltiplica, pesa e inverte le ventidue lettere, Egli crea qualsiasi cosa sia stata creata, e qualsiasi cosa che sarà creata in futuro. Come Egli è riuscito a moltiplicarle? Aleph [a] con ogni lettera e ognuna con Aleph, Beth [b] con ognuna e ognuna con Beth, e lo stesso per Ghimel [g]. Egli le gira e le inverte tutte, e forma una totalità di 231 parole. Tutte le creature e tutte le parole non possono esistere senza un essere superiore sopra di loro.

    Ho tradotto le parole "hozerot halilah" come "Si rinnovano in un ciclo" poiché ogni cavità è così chiamata nella lingua Ebraica. Le parole "n'vuv luhot" ["cavità coperte", Esodo XXVII, 8] sono definite come "halil luhin" nel Targum. Si riferiscono agli orifizi del corpo, è detto: "Dio ha creato in esso molte aperture e cavità" [Berakhot 60 b]. Parafrasando, il Targum ha similmente detto del re di Tiro: "Ma tu non hai considerato che il tuo corpo è stato fatto con aperture e cavità che sono indispensabili" [parafrase di Ezechiele XXVIII, 13]. Allo stesso modo, la totalità dell’aria è chiamata "cavità del mondo" perché è sempre in movimento [circola].

    Questo brano è talvolta mal compreso cioè: "Si rinnovano in un ciclo ed esistono in 221 porte", e questo non è corretto. Sebbene abbiamo appreso che il calcolo richiede che questo numero totalizza duecento trentuno, l’unico numero che ho visto scritto è "duecento ventuno". Non ho dubbi che questo sia un errore. Un errore simile può essere trovato in i Quattro Cancelli: "ogni Tishri di un anno embolistico che comincia prima di 695 parti della dodicesima ora". Ora, in tutti i testi che ho trovato, "l’11 ora" è scritta al posto della dodicesima, ma questo è un errore. Se si aggiunge l’eccedenza di due anni, uno dei quali è un anno embolistico, la nuova luna cadrà esattamente alle cinque in punto di Sabbath, anche se dovrebbe essere esattamente alle sei in punto. Non sarà alle sei, comunque, a meno che la dodicesima ora è stabilita come punto di partenza. Analogamente, in risposta alla domanda dell’autore, "Come le combinò", è corretto fornire il numero duecentotrentuno come risposta. Spiegherò ciò con il principio che applica lo stesso autore: "Aleph con tutte le lettere e tutte con Aleph, Beth con tutte e tutte con Beth", ecc. Questo tipo di moltiplicazione può essere trovata nelle città della Palestina e dell’Egitto. I ragazzi scrivono questo al fine di imparare come comporre, e queste sono le ventidue serie chiamate righe [file]. La prima riga è Aleph-Aleph, Aleph-Beth, Aleph-Ghimel, Aleph-Daleth, Aleph-Hé, Aleph-Vav, Aleph-Zayn, fino a Aleph-Tav. La seconda riga è Beth-Aleph, Beth-Beth, Beth-Ghimel, Beth-Daleth, Beth-Hé, Beth-Vav, Beth-Zayn fino a Beth-Tav. La terza riga è Ghimel-Aleph, Ghimel-Beth, Ghimel-Ghimel, Ghimel-Daleth, Ghimel-Hé, Ghimel-Vav, Ghimel-Zayn fino a Ghimel-Tav. É lo stesso per Daleth-Aleph, Hé-Aleph, fino a Tav-Aleph, Tav-Beth, Tav-Ghimel ecc., fino a Tav-Tav. In totale, questo risultato di ventidue per ventidue fa quattrocentottantaquattro. Da questo totale, devono essere sottratte ventidue parole che non sono prodotti [di una lettera con un’altra], vale a dire Aleph-Aleph della prima riga, Beth-Beth della seconda riga, Ghimel-Ghimel della terza, Daleth-Daleth della quarta, e così via fino a Tav-Tav della ventiduesima riga. La ragione di questa sottrazione è la seguente: se Daleth è combinata con Daleth, per esempio, semplicemente produce nell’aria la medesima figura e una singola parola nella voce, e rimangono nel loro stato originale quando sono invertite.

    Una volta che abbiamo sottratto questi ventidue [duplicati], ci rimangono quattrocento sessantadue. Di queste quattrocentosessantadue, comunque, solo una metà sono effettivamente insiemi di coppie differenti. La coppia Aleph-Beth nella prima riga è come la coppia Beth-Aleph nella seconda; Aleph-Ghimel nella prima riga è come Ghimel-Aleph nella terza; Aleph-Daleth nella primaria è come Daleth-Aleph nella quarta, e così via per ognuna delle serie. Si scopre quindi che una metà delle lettere riproduce semplicemente l’altra metà, e così è detto: "Si rinnovano in un ciclo ed esistono in 231 porte" poiché ruotano nel loro inverso.

    Se si sottrae la metà di quattrocentosessantadue, il resto è duecentotrentuno. Così abbiamo detto: Si rinnovano in un ciclo ed esistono in 231 porte". Una persona può avere una prova tangibile di tutto questo semplicemente calcolandolo con l’aiuto di monete o tracciando le righe di lettere e contandole (2). Ciò spiega come l’unità apparente su tutte le moltiplicazioni è un segno dell’Uno, il Santo, possa Egli essere glorificato ed esaltato!

    Ho saputo che un commentatore del nostro libro ha mantenuto l’errore delle duecentoventuno porte. Egli ha tentato di giustificare questo errore dicendo che il totale di Aleph-Aleph, Aleph-Beth, Aleph-Ghimel, Aleph-Daleth e così via è solo ventuno poiché Aleph-Aleph non è moltiplicato [congiunto] e Aleph ruota solo su se stesso. Questo commentatore poi moltiplica questi ventuno per dieci, cioè, i dieci numeri, e il totale è duecento dieci. Poi egli aggiunge i dieci numeri e Aleph, che è la prima unità, e quindi l’ammontare è duecento ventuno. Ma, possa Dio avere pietà di te, questa è una catena di un intreccio di errori, tutti dovuti al fatto che il commentatore non conosce come moltiplicare. Possiamo citare cinque ragioni del perché la sua spiegazione è erronea:

    1 - egli ha moltiplicato Aleph con tutte le lettere ma non tutte le lettere con Aleph. Più tardi egli ripete questo errore mancando di moltiplicare Beth con tutte o tutte con Beth, e lo stesso con le altre lettere. Egli ha solo moltiplicato Aleph con tutte;

    2 - ha moltiplicato la soma di Aleph con tutte (ossia, ventuno) per dieci, ma non c’è ragione di moltiplicare per dieci. L’autore del nostro libro non ha dato questa indicazione. Ha soltanto indicato al ricercatore di moltiplicare le lettere, e dice "Aleph con tutte" e "Beth con tutte". Non ha indicato i dieci numeri in questa sezione. Il commentatore ha così omesso questa indicazione e ha fatto ciò che non era stato indicato;

    3 - Ha indipendentemente aggiunto i dieci numeri a questo prodotto, ma questo è il capitolo sulla moltiplicazione e non sull’astrazione. Se questo fosse il capitolo sull’astrazione, si potrebbe aggiungere le ventidue lettere isolate, e questo porterebbe a duecento quarantatre;

    4 - il commentatore ha omesso il doppio Aleph senza moltiplicarlo per dieci, e perciò deve aggiungere Aleph isolato, ma non c’è ragione per una tale procedura;

    5 - questo libro del commentatore contiene anche la frase: "e tutte girano in circolo." Ora se le lettere sono moltiplicate l’una con l’altra, esse gireranno in circolo, ma non gireranno in circolo se sono semplicemente moltiplicate per dieci. Con ciò detto, mi piacerebbe sapere cosa rimane da difendere della tesi del commentatore.

    L’obiettivo del nostro autore in questo capitolo sulla moltiplicazione è di dimostrare che il Creatore, possa Egli essere esaltato! componendo queste ventidue lettere tramite le cinque procedure, incidere, plasmare, combinare pesare e permutare ha creato tutto ciò che è stato e che esisterà in futuro. Attualmente, quando Egli ha tracciato linee dritte attraverso le circonferenze, triangoli nei quadrati, e disegnò linee oblique in queste circonferenze, triangoli e quadrati, i risultati furono superfici e volumi ripiegati uno sull’altro secondo questi meravigliosi metodi che creano tutte le forme. Questa è una penetrazione di Beth in Ghimel, Daleth in Hé, ecc. Per questa ragione, le coppie Aleph-Aleph, Beth-Beth, Ghimel-Ghimel, Daleth-Daleth fino a Tav-Tav non intervengono in questa moltiplicazione. Se si pronuncia Aleph un centinaio di volte, risulterà una sola forma nell’aria, letteralmente una linea dritta. E se si pronuncia Beth un centinaio di volte, si traccerà ripetutamente solo una singola forma circolare. Ciò spiega la creazione delle forme delle lettere nell’aria. Comunque, noi possiamo solo determinare questa forma nel nostro spirito. Non saremo in grado di realizzare questa forma perché appartiene al Padrone dei mondi, possa Egli essere glorificato ed esaltato! Il saggio, quindi, prima insegna ai suoi discepoli la matematica e la geometria, poiché queste sono le origini della conoscenza. [...]


    X. Sull’Incoronazione delle Lettere:

    Il riferimento ad ogni lettera, "Legò a lei una corona, la combinò con tutte le altre e la sigillò" si conforma ad un antico principio di felice memoria! Una tradizione relativa alle lettere è che esse sono state rivelate con ornamenti e corone, come è detto: "Sette lettere necessitano tre ornamenti: Shin, Ayin, Thet, Nun, Zayn, Ghimel e Tsadeh" [Menahot 29 b]. É lo stesso per ogni lettera. Per alcune lettere, questi ornamenti accrescono e per altri impediscono le deduzioni tracciate da esse, come il Libro delle Corone ha spiegato. Gli antichi seguono anche la tradizione secondo cui quando le corone non sono tracciate accuratamente nella Torah, è proibito pronunciare benedizioni su di essa, e non è permesso leggerla in pubblico. Per questa ragione, dicono anche che uno che la scorre velocemente non vivrà a lungo. Gli antichi fabbricanti di amuleti dicono che le lettere sono senza valore se non sono state scritte con le loro corone. Similmente, il nostro autore dice che non è possibile formare il triangolo, il quadrato, ripiegarli, unire in una catena, o creare figure convesse (che le lettere furono intese a formare) senza una corona. Egli dice, quindi, che "Legò a lei una corona, la combinò con tutte le altre e la sigillò"…





    [2] L’autore giunge a questo risultato per via empirico-deduttiva. In realtà si tratta dell’applicazione di una semplice formula matematica. Per spiegarla richiamiamo alcuni semplici concetti. Si dice calcolo combinatorio il complesso delle procedure che permettono il conteggio dei vari tipi di raggruppamenti che possono essere formati scegliendo k elementi tra gli n elementi di un insieme assegnato. Nel caso esposto nel commento al Sepher Yetzirah, si tratta delle cosiddette "combinazioni semplici". "Dato un insieme di n elementi distinti si dicono combinazioni semplici di classe k i diversi sottoinsiemi formati con k elementi scelti tra gli n dati. Il numero di tali sottoinsiemi si indica con Cn,k". Le combinazioni si considerano diverse solo se hanno diversa composizione:

    Nel caso del testo si ha:

    Che è appunto il risultato trovato dall’autore [n.d.t.] [Torna al Testo]




    IV. Sui "Testimoni" della Creazione



    "Per mezzo di questi [32 sentieri], l’Eterno, Maestro delle armate, Dio di Israele, Élohïm vivente, Onnipotente, Unico, Elevato e Residente in Eternità, Santo Sia Il Suo Nome, ha tracciato tre madri e la loro progenie, sette comandanti e le loro armate, e dodici limiti allo spazio". La prova di ciò è data dal fidato testimone: l’universo, l’anno e la persona [anima]. Ad ognuno si applica la regola del dieci, tre, sette e dodici i loro corrispondenti: le sfere, il Drago e il cuore.

    Io traduco "padri" [avot] come "madri, in base a ciò che ho affermato in precedenza, le parole: padri, madri, principali, materia prima, sostanza iniziale, ecc. hanno tutte lo stesso significato. Traduco la parola "kobeshin" come "capi" perché essi conquistano le regioni, come è detto "E consumerà la terra prima l’eterno", [Deuteronomio XXXII, 22]. Altrove è detto: "di tutte le nazioni che ha assoggettato", [II Samuele VIII, 11]. Traduco le parole "g'vulei alakson" come "limite dello spazio" perché è questo il senso delle parole trovate frequentemente nel Talmud. Lì è detto: "ogni cubito forma un cubito e due quinti in diagonale" [Baba Batra, 101 b]. Ciò significa che la diagonale è un cubito e due quinti in ogni quadrato con il lato semplice di un cubito, sebbene ciò non è del tutto corretto. La misura esatta della diagonale è la radice quadrata di due.

    Tali [Tav-Lamed-Yud] può essere definito come il dragone. Io mi rendo conto che questo è il punto in cui si intersecano due orbite [l’orbita del sole e l’orbita della luna] come l’equatore e l’orbita del sole. Attualmente, il piano dell’orbita del sole è inclinato di ventitré gradi e una frazione rispetto all’equatore. Quando supponiamo che le due orbite sono allineate, necessariamente si intersecano in due punti opposti. Uno dei due punti è chiamato l’equinozio di primavera e l’altro, l’equinozio d’autunno. Come quando le orbite del sole e della luna si intersecano l’una con l’altra in due punti opposti (ogni punto è chiamato "dragone"), uno di questi punti è talvolta chiamato la testa, e l’altro, la coda. Questo spiega l’origine del nome del dragone. Non è una costellazione che assomiglia ad un dragone o a qualunque altra creatura. "Dragone" si riferisce alle spire e alle curve che si formano quando una sfera è posizionata a nord e l’altra a sud. Gli Ebrei gli hanno dato un nome simile, dal momento che è detto: "Con il suo spirito ha decorato i cieli; la Sua mano ha formato il tortuoso serpente…"





    [1] Noi abbiamo preferito, in linea con gli autori più recenti la traduzione "Senza niente". L'esatto significato dell'espressione Sephiroth b'limah, dice Gadiel Toaaf, in una nota alla sua traduzione del Sepher Yetzirah, espressione che l'autore usa costantemente, non parla parla infatti mai solamente di sephiroth, ma sempre di sephiroth b'limah, è ancora oggi oggetto di dispute e di ipotesi diverse. Infatti per alcuni studiosi le "sephiroth" sono b'limah da bell, che in ebraico significa "senza", e mah che significa "cosa" ossia "senza niente" come traduce per esempio il Goldschmidt (Das Buch der Schópfung, Frankfurt 1894). L'Abelson (Misticismo ebraico: la Kabbalà, Torino 1929), che concorda con questa traduzione, sostiene che "dieci sephiroth senza niente" significa, in altre parole, "sephiroth astratte" ossia le forme in cui furono gettate in origine tutte le cose create. Le sephiroth sarebbero forma per essere distinte dalla materia. Come i dieci numeri primordiali stanno alla base della prima produzione della forma, così le ventidue lettere sono la causa prima della materia. Ogni cosa esistente ed in via di sviluppo è dovuta ai poteri creativi delle lettere ma è in-concepibile senza la forma di cui l'investirono le dieci sephiroth. Altri studiosi, tra cui Castelli (Il Commento di Sabbatai Donnolo sul libro della Creazione, Firenze 1880), assumono come valido il significato di "prime nel tempo, senza precedenti, prime come elementi creati", oppure "infinite". Per altri ancora (Di Nola; Magia e Cabbala nell'ebraismo medioevale, Napoli 1964) il termine b'limah significa "senza precedenti materiali di origine", sottolineando così la particolare primarietà di semi cosmogonici delle sephiroth che derivano esclusivamente dalla ruah Elohym. Questa ipotesi sarebbe suffragata anche dal fatto che in Giobbe 26, 7, troviamo detto che la terra è sospesa Beli-mah, su "nessuna cosa" ad essa preesistente. Tuttavia, come lo Scholem (Le origini della Kabbalà, Bologna 1973) ha giustamente osservato, il contenuto del testo suggerisce piuttosto il senso di "chiuso", di "chiuso in sé e alla base dell'espressione b'limah potrebbe esserci un termine greco non identificato. [Torna al Testo]



    Presentazione



    Trattando dei primi cabalisti, Charles Mopsick ha scritto (1) che, di tutti i nomi che la storia ne ha conservato, «quello di Rabbi Isaac il Cieco (morto verso il 1235) indica l'unico cabalista del quale si sia conservata un'opera scritta di una certa sostanza. Né R. Abraham ben David di Posquières, suo padre, né Jacob Nazir, che abitava anch'egli nella Linguadoca, presso Narbona, hanno lasciato, in questo campo, opere degne di questo nome, anche se i pochi frammenti dei loro scritti a noi giunti testimoniano la loro vicinanza alle idee e al simbolismo della cabala. È infatti ad Abraham ben David che si deve, tra le altre cose, la prima presentazione dei due principali attributi divini, quello della misericordia e quello del giudizio, sotto forma di una figura androgina i cui poli, maschile e femminile, sono incastrati l'uno con l'altro, secondo uno schema che sarà largamente diffuso e rielaborato dai cabalisti posteriori. Isaac il Cieco, suo figlio, è l'autore di un commento al Libro della creazione, di diversi testi sulla preghiera mistica, di un commento al racconto della Genesi e di uno sul significato esoterico dei comandamenti, del quale ci sono giunti solo pochi frammenti sparsi. Nel suo commento al Libro della creazione, le Sephiroth sono identificate con le "cause misteriose" procedenti dall'Infinito (l'Ein-Sof assolutamente nascosto) e che costituiscono le essenze di ogni realtà. Temi di origine neo-platonica sono stati così mescolati con i concetti del Libro della creazione e in certe formule di Isaac il Cieco e dei suoi immediati discepoli sono stati riconosciuti, a ragione, echi della terminologia del filosofo irlandese Giovanni Scoto Erigena (X secolo). L'esame dell'opera di Isaac il Cieco e dei frammenti dei suoi scritti e dei suoi insegnamenti che i cabalisti posteriori hanno trasmesso, mostra che, con questo autore, la cabala si è già pienamente costituita in un sistema teosofico e teurgico inglobante tutta la sfera religiosa del giudaismo, della quale propone una totale reinterpretazione».
    Molto più estesamente, dopo averlo definito come «la figura centrale della più antica Kabbalà» (2), il maggiore storico della Qabbalah nel secolo scorso, Gershom Scholem, ha tratteggiato la figura e l'opera di Isaac il Cieco nei seguenti termini:

    «Isacco il Cieco domina su tutti i suoi contemporanei con la sua autorità e con la durevole influenza che ha esercitato sui più antichi kabbalisti. Nel secolo XIX, per gli esploratori della Kabbalà non era certamente niente di più che un semplice nome senza contenuto. La sua figura personale e il suo mondo di concezioni mistiche erano a tal punto oscuri che ci si è potuti smarrire fino al punto da credere, senz'ombra di giustificazione, che egli fosse l'autore del Sèfer Bahìr. In realtà un esame approfondito delle fonti kabbalistiche e, soprattutto, dei manoscritti prova che numerose informazioni e discorsi su di lui o derivati da lui sono stati conservati nella tradizione dei suoi discepoli e dei discepoli dei suoi discepoli. Possediamo trattati che senza dubbio sono stati redatti sotto la sua dettatura, e pure frammenti di trattati di questo genere, dettagli trasmessi sul suo carattere e sulle pratiche che seguiva, e non v'è alcun motivo per dubitare della loro autenticità. Le sue stesse parole, nella misura che ci sono pervenute, sono spesso formulate in modo molto misterioso e quanto mai difficili a capirsi. Quanto a me, non posso vantarmi di aver compreso più della metà dei materiali da lui trasmessi. Ha un suo modo proprio di esprimersi. La sintassi delle frasi è in parte impenetrabile, in particolare nel più lungo dei testi conservati e, molto frequentemente, espone idee che rimangono del tutto inspiegabili. Rimangono dunque, in ciò che dice, numerosi enigmi da risolvere, ed è solo attraverso un'accurata analisi e pesando ogni frase che si otterranno risultati sicuri nelle parti che gli scritti dei suoi discepoli non aiuterebbero a chiarire. Per fortuna, la produzione letteraria dei suoi allievi, anche là dove non lo citano direttamente, è molto istruttiva, poiché possiamo di massima pensare che ciò che v'è di comune nelle loro concezioni kabbalistiche deve essere ricondotto a lui.

    Isacco il Cieco è un kabbalista puro. Non abbiamo di lui scritti esoterici, né halakhici, né omiletici o altri. Anche una lettera che rappresenta in qualche modo una consultazione sul testo di una delle benedizioni della 'Amidà, la preghiera delle diciotto Benedizioni, e che è conservata in un solo ed unico manoscritto, è piena di allusioni kabbalistiche. Appare chiaramente che la sua autorità e la sua grandezza non erano dovute al fatto che fosse eminente in altri campi dello studio della Torà. Secondo un'informazione di Shemtòv ibn Gaòn, suo padre, Rabèd, si sarebbe accontentato di indicare sommariamente le dottrine kabbalistiche di certi passi dei suoi commenti al Talmùd, rimettendosi completamente alla scienza mistica di suo figlio, che seguiva il suo insegnamento. In questa affermazione, sembra che vi sia confusione tra la causa e gli effetti. Il ritegno osservato da Rabèd si potrebbe benissimo spiegare in altro modo. Bisogna anche chiedersi se gli scritti di Isacco, questi scritti in cui, secondo Shemtòv ibn Gaòn, avrebbe fatto allusione, sotto il manto di ogni tipo di piccole parole, a grandi segreti, siano stati in realtà redatti, come ricettacoli di conoscenze kabbalistiche, prima della morte del padre. Non abbiamo alcuna data più precisa circa la sua vita e la composizione delle sue opere. Ma dobbiamo ammettere che ha raggiunto una tarda età, poiché la lettera inviata a Gerona, di cui parlerò nel prossimo capitolo, deve esser stata scritta verso il 1235. Tuttavia, citazioni dei suoi scritti si ritrovano già nelle opere che risalgono ad epoca anteriore, come, per esempio, il commento alle aggadòth del Talmùd di Ezrà ben Shelomò. Dev'essere per conseguenza vissuto all'incirca dal 1165 al 1235.

    Anch'egli, senza alcun dubbio, faceva parte del gruppo dei perushìm di cui s'è già parlato, senza che lo si definisca con i termini di parush o di nazìr. Egli è sempre "il Chassìd". Negli scritti dei kabbalisti spagnoli, è a lui che si pensa quando si parla semplicemente del Chassìd, senza aggiungere un nome, come nelle opere dei chassidìm tedeschi, questo titolo onorifico caratterizza sempre Jehudà Chassìd. D'altra parte i suoi allievi non ricordano che raramente il suo nome, limitandosi per lo più all'appellativo: "il nostro Maestro il Chassìd" o "il Chassìd". Suo nipote, Ashèr ben Davìd, parla di lui in questi termini: "Il signor mio zio, il santo Chassìd R. Isacco, figlio del Rav"; ed altri lo presentano come "il Chassìd, figlio del Rav". Il "Maestro", Rav, senz'altro, era per loro Rabèd. A giudicare dal titolo che il suo commento al Libro della Creazione porta in numerosi manoscritti, Isacco sembra aver risieduto, almeno temporaneamente, a Posquières.

    Tutta la tradizione kabbalistica, alla fine del secolo XII, afferma di sapere che egli era cieco. Ma l'affermazione, trasmessa dal solo Isacco d'Akko, secondo la quale "questo Chassìd, durante la sua vita,
    non ha visto niente con i suoi occhi terrestri", non mi sembra degna di fede. I suoi diretti allievi non par-
    lano mai di questa cecità. Era cieco fin dalla nascita? Questa ipotesi non sembra solamente smentita dalle considerazioni elaborate alle quali si dedica sulla mistica della luce in tutta una serie di frammenti conservati e nel commento al Sèfer Jetzirà. Essa è infirmata anche dagli argomenti contenuti nella sua lettera o consultazione sulla formula: "Dio di Davìd e Costruttore di Gerusalemme" che contiene una delle benedizioni della 'Amidà quotidiana. Queste righe tradiscono il sapiente che compulsa antichi manoscritti. Riferendosi a testi mistici assai poco diffusi, del periodo dei Gheonìm (un adattamento magico della 'Amidà sotto il titolo: "Preghiera d'Elia", Tzlotà de Elijàhu, conservata in alcuni manoscritti, e, in parte, ad opere che non ci sono conservate in nessun modo, egli scrive: "Ho trovato in un vecchio manoscritto del Machazòr" come se l'avesse trovato egli stesso e non per mezzo di uno degli allievi che lavorava al suo servizio. Il che ci fa supporre che egli non abbia perso la vista che nel corso della sua vita. D'altra parte, la sua mistica contemplativa manca effettivamente di plasticità. Comunque sia, gli aneddoti che circolano sul suo conto non provano che una cosa: che era cieco in età adulta. Si racconta di lui che egli intuiva l'atmosfera che circonda l'uomo e questa sensazione gli permetteva di predire chi sarebbe vissuto e chi sarebbe morto. Egli avrebbe anche saputo se l'anima di un uomo aveva già compiuto delle peregrinazioni o se essa faceva parte delle anime "nuove". Per ciò che riguarda i suoi doni taumaturgici, una tradizione ci rende noto che c'era tanta forza nella sua preghiera per i malati quanto in quella del celebre taumaturgo talmudista Chaninà ben Dossà. È senza dubbio a lui che pensa suo nipote, quando parla dei mistici del suo ambiente e sottolinea, a questo riguardo, la potenza della loro preghiera: "I mistici d'Israele [maskilè Israèl] che cercano Dio, che l'invocano e che sono esauditi, che condividono tutte le miserie dei loro simili e che supplicano e si mortificano per loro davanti alla faccia del loro Creatore, la cui preghiera [a Dio] è accolta e per mezzo dei quali si sono compiuti i molti miracoli in favore degli individui e della comunità".


    Isacco non è affatto il solo "maestro della preghiera", nel senso esatto del termine, in seno a questo gruppo, anche se ne è il più eminente. Una vita di intensa preghiera s'associa precisamente, in questo cenacolo, con la dottrina della kavvanà, e direttive particolareggiate di Isacco sono conservate per le meditazioni da praticarsi durante la recita di talune preghiere. Questa mistica liturgica si trova già colle-
    gata, in lui, con una dottrina pienamente sviluppata degli eoni, nella quale la gnosi kabbalistica s'è cristallizzata e che entra ora in stretto rapporto con la mistica contemplativa della Machahavà divina ed umana, il "Pensiero". Tutte le tracce che ci sono rimaste del suo insegnamento si fondano già su un simbolismo e su una teoria sviluppati delle sefiròth, che sono le middòth che scaturiscono dal Pensiero primordiale, dal "Pensiero puro". Oltre a queste kavvanòth, possediamo infatti di lui note di tendenza del
    tutto speculativa, che senza dubbio sono state redatte dai suoi allievi. Forse, egli stesso, prima di perdere la vista, ha pure scritto alcune cose. Ciò che, soprattutto, non solleva alcun dubbio è l'autenticità del commento al Sèfer Jetzirà, che gli è generalmente attribuito e di cui fino ad oggi si conoscono una quindicina di manoscritti. Brani di questo commento sono citati dai suoi allievi diretti o copiati pure senza indicazione della fonte. In uno dei passi del capitolo III, si riconosce ancora chiaramente l'allievo che scrive seguendo l'esposizione o sotto la dettatura di Isacco. Egli ne comincia lo sviluppo con la formula: "e il nostro maestro dice", che si deve certamente intendere, a giudicare dal contesto generale, non di un maestro di Isacco, ma dello stesso Isacco. Il testo stesso porta palesemente, almeno in larga misura, la sua impronta personale, come avviene anche per altre note. Citandolo, i suoi allievi parlano direttamente il leshòn he-Chassìd, il che concorda con la brevità e l'intensità spesso enigmatiche dell'espressione.

    Il commento non conta più di 5000 parole, di cui circa i tre quarti riguardano i tre primi capitoli. Sfortunatamente, nessuno dei suoi allievi o degli allievi dei suoi allievi ha commentato a sua volta queste note; siamo così privi di un ulteriore commento di cui avremmo certamente avuto molto bisogno. Isacco d'Akko è il solo ad offrire, nel primo terzo del secolo XIV, una parafrasi delle sue spiegazioni su talune mishnajòth del capitolo I.

    Inoltre, era conosciuto fino al secolo XIV uno scritto di Isacco, che conteneva i "segreti" circa i diversi passi della Torà; essi riguardavano, tra l'altro, la storia della Creazione ed i motivi mistici di parecchi comandamenti. Un certo numero di frammenti, alcuni dei quali sono abbastanza lunghi, si sono conservati in leshòn he-Chassìd presso i kabbalisti di Gerona ed i discepoli di Salomone ibn Adrèt. Nella scuola di quest'ultimo, a Barcellona, si trovavano a quanto pare numerosi materiali scritti, provenienti
    senza dubbio dall'eredità di Nachmanide. Siamo qui, in ogni modo, di fronte ad una tradizione scolastica continua. Meìr ben Sahula soprattutto ha conservato citazioni di questo genere, in numero abbastanza notevole, nel suo super commento di passi kabbalistici contenuti nel commento di Nachmanide sulla Torà. Il carattere relativamente omogeneo di questi testi mi fa supporre, come ho detto, che essi abbiano per origine una sola raccolta o scritto. A ciò vanno aggiunti alcuni frammenti più corti e tradizioni che i suoi allievi hanno raccolto oralmente, come pure materiali anonimi, che si devono attribuire a lui.

    Così, presso tutti i suoi allievi si trova il capitolo sulla Sophia, Giob. 28, interpretato in un modo pressoché identico, nello spirito della dottrina delle sefiròth. Il passo di Giob. 28, 12: "Ma la saggezza da dove proviene?" è sempre commentato come se si dovesse intendere che "la saggezza proviene dal nulla", da questo nulla che è il "nulla del pensiero", il luogo ove cessa ogni pensiero, o piuttosto il luogo dove esso è lo stesso Pensiero divino, suprema sefirà designata ora come il nulla. Mi pare evidente che questa interpretazione di Giobbe 28 sia nata in Provenza. Essa rappresenta, infatti, la reinterpretazione, in senso kabbalistico, di una spiegazione, attestata da Sa'adjà, di platonici o atomisti ebrei del secolo IX, che riferivano questi stessi versetti alla dottrina dei "punti spirituali", per i quali si devono intendere le idee, ma forse anche gli atomi. Nell'antica parafrasi di Sa'adjà, che risale ad epoca pretibboniana e che è stata usata dai più antichi kabbalisti, prima che la traduzione di Tibbòn fosse adottata, si usa, anche per gli atomi, l'espressione ebraica, formata sul modello arabo, di ruchanijjìm. In Provenza non la si comprendeva più e non si sapeva gran che della dottrina degli atomisti, ed è così che si è formata l'identificazione degli "elementi spirituali" e dei "punti sottili" di Sa'adjà con le sefiròth. Sono ora gli "atomi mistici", e Giob. 28 è considerato come un locus classicus in appoggio a questa tesi. A parte il commento a Jetzirà, abbiamo di Isacco circa settanta frammenti, senza contare le indicazioni che si riferiscono a lui e a quelle delle sue tradizioni che si possono giudicare come autentiche.

    Due volte solamente, si riferisce a suo padre. Benché la maggior parte di questi testi siano molto corti, si tratta tuttavia di materiale considerevole, anche se si fa astrazione, come giusto, da tutto ciò che a lui è stato più tardi attribuito, per errore o dai testi pseudo-epigrafici. Considero pure come brano autentico una spiegazione, conservata in un manoscritto di New York, all'inizio del Midràsh Konèn, composizione cosmogonica-cosmologica consistente in testi della Merkavà e di Bereshìth. Si fa risalire questa spiegazione ad un certo R. Jitzchàq ha-Zaqèn, cioè il Vecchio; ma la terminologia e la concezione s'avvicinano a tal punto a quella di Isacco il Cieco, nel commento a Jetzirà, che sono tentato di considerare i due Isacco come una sola persona. Non sorprende neppure che Isacco abbia fatto dei testi relativi alla Creazione del mondo, quali li trovava in Gen. 1, nel Sèfer Jetzirà e nel Midràsh Konèn, l'oggetto di commenti mistici. D'altra parte, la mistica della luce è formulata in modo particolarmente incisivo nell'ultimo di questi brani, il che si spiega, è vero, con il testo stesso di questo midràsh.

    L'opinione di alcuni ricercatori, secondo la quale il soprannome di "padre della Kabbalà" dato ad Isacco il Cieco, nel 1291, dal kabbalista Bachjà ben Ashèr, proverebbe che i kabbalisti stessi consideravano Isacco come il creatore della Kabbalà, è del tutto priva di fondamento. Avì ha-kabbalà non significa altro che: eminente in modo particolare nella kabbalà. È un'imitazione del titolo onorifico Avì haChokhmà, conferito nel Talmùd palestinese, Nedarìm, a Jochanàn ben Zakkài. Mosè stesso è chiamato così all'inizio del midràsh Wajkrà Rabbà. Eleazàr di Worms, nel suo commento alle preghiere (Ms. Parigi 772, f. 73), chiama Jehudà Chassìd "padre della saggezza". Una fraseologia di tal genere non c'insegna niente circa l'origine della Kabbalà» (3).

    La traduzione del Peruš Sefer Yetzirah è tratta da Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo, a cura di Giulio Busi ed Elena Loewenthal, con introduzione di Giulio Busi, Einaudi, Torino, 1995, pp. 217-242, priva però delle numerose e pertinenti note al testo, per le quali si rinvia all'edizione italiana testè citata.

    Il Curatore






    1. MOPSIK CH., La Cabala e i cabalisti, Borla, Roma, 2000, pp. 32-33 (trad. it. di Claudio Masi; ed. orig. francese: Cabale et cabalistes, Bayard Éditions, Paris, 1997).

    2. SCHOLEM G. G., Le origini della Kabbalà, il Mulino, Bologna, 1973, p. 312 (trad. it. di Augusto Segre, con introduzione di Franco Michelini Tocci; ed. orig. tedesca: Ursprung und Anfänge der Kabbala, Walter de Gruyter & C., Berlin, 1962).

    3. Ibidem, pp. 313-322; ad Isaac il Cieco e al suo commento del Libro della creazione Scholem dedica buona parte della stessa opera.


    Capitolo Primo



    Con trentadue (Bi-šelošim u-šetayim). La lettera bet allude alla sapienza e alla comprensione; con essa si indica tutto ciò che il pensiero concepisce, fino all'infinito e, a maggior ragione, quanto è compreso in esso. I sentieri meravigliosi e stupefacenti sono come le lingue di fiamma, che conducono al tizzone; seguendo le fiamme, si scorge infatti il tizzone, allo stesso modo in cui, seguendo il filo, si giunge alla matassa. La medesima cosa avviene per 1'albero, nel quale attraverso l'intrico di foglie, fronde, rami, frasche e germogli si trovano le cavità situate entro il midollo e la sottigliezza della natura della radice, la quale non appare, a causa della sua sottigliezza e profondità. Tutte le espressioni che cominciano con bet indicano dunque la sapienza, e quanto è in essa, e così avviene per la bet di bi-šelošim u-šetayim («con trentadue»). Tracciò: ciò che il pensiero non afferra. Tracciò: due lettere, lamed e bet, le quali si dividono in tre parti.


    Con tre registri. Si tratta di tre nomi, composti da tre lettere, le quali ricevono e vengono ricevute da essi. L'inizio delle essenze che è possibile pensare è costituito dai prodigi racchiusi entro la sapienza: i sentieri sono infatti miracoli contenuti in essa. A questo proposito è detto: Dio ne conosce la via (Giobb. 28. 23). Conosce i cammini e i sentieri che sono in essa. Per mezzo delle essenze che sono fissate e incise in Lui, Egli ha la forza di comprendere le essenze fissate che non hanno limite. I sentieri rappresentano le «madri» delle vie, giacché il sentiero è madre della via, totalità e base da cui le vie si dipartono e si separano. I sentieri meravigliosi sono come le cavità situate entro il midollo dell'albero, mentre la sapienza ne è la radice: si tratta di essenze interne e sottili, che nessuna creatura può comprendere, tranne chi assorbe da essa: la via della contemplazione è infatti un assorbire, e non un conoscere discorsivamente.


    La scrittura. La scrittura comprende il computo e il computo comprende il discorso. Tre madri furono sigillate nella yod, furono sigillate nella parte superiore della yod. Quando furono sigillate, vennero date nel grande Nome, e fu realizzato un edificio: esse nel Nome e il Nome in esse, faccia a faccia, essenze entro essenze. Le Sephiroth sono il fondamento, la parte interna: alla fine del quinto capitolo esse ritagliano per sé le lettere, giacché questa è la norma: l'inizio è la fine, non vi è principio e non vi è termine; di esse è fatto il fondamento dell'edificio, ed esse sono le lettere, a somiglianza delle pietre tratte dalla montagna. Nella montagna vi sono tante nervature, simili alle fenditure in un terreno che ne sia pieno. Per questo è detto che «una fossa non si riempie con la terra scavata», giacché, nel riempire gli spazi vuoti, quelli pieni rimangono privi di terra, né le lacune vengono colmate nella loro essenza. Allo stesso modo, le essenze sono sottili, sinché l'uomo le scopre e traccia e intaglia in esse incisioni e apre cavità, e così il cunicolo comincia ad apparire in alcuni punti.


    Senza determinazione. Tutte dipendono. La lamed dalla sapienza, la lettera yod da tutto; la mem e la he vengono trasformate nello spirito che esce da esse, ed è governo di quanto esse generano. Fondamento. Non afferma che esse sono fondamento, ma che questo deriverà da esse: la causa è l'inizio del fondamento. Allo stesso modo, la montagna è l'inizio degli edifici che ne verranno tratti, giacché rappresenta l'inizio delle tracce: dopo le tracce, le incisioni e poi gli intagli e poi l'edificio. Lettere e segni. Tra di essi vi è una differenza, giacché i segni non esprimono talvolta una somiglianza ma un'apparenza, come l'apparenza del biancore, del rossore e simili; il segno è l'apparenza del mutare di colore e di essenza, a somiglianza della nozione espressa dal versetto: Tu, quindi, mettiti a giacere sul fianco sinistro (Ez. 4. 4), e anche da: E un segno per la casa di Israele (Ez. 4. 3), segno senza cambiamento della forma e della creazione, giacché non vi è una forma distinta e diversa dalle altre. Si tratta piuttosto della medesima cosa, che muta in diversi aspetti; in tal senso, voce e aspetto sono segni. Le lettere sono invece cose che, in virtù di causa propria, giungono dalla lingua al segno: il segno è una cosa che pertiene al governo divino, disegnata e ricevuta dal luogo dove è stata intagliata.

    Il numero dieci. Come nei due versetti precedenti ha ricordato che dai sentieri e dalle lettere si comprende l'essenza, così continua qui, menzionando il numero dieci, che significa le essenze che vengono comprese e ricevute quando si innalzano, sollevando le mani in alto. Cinque: sono eternità, fasto, bellezza, clemenza, sapienza, cinque in tutto. Il diadema con il giusto, che rappresentano la forza dell'attributo del timore, assieme al timore, e all'intelligenza, e la sapienza decide in tutto: cinque contro cinque. Questo è il senso dell'affermazione e il patto d'unicità: la yod diritta, che fu incurvata. Fondato nel centro. In alto nella lingua, mentre in basso lo è nel membro; entrambi sono nel mezzo, uno in corrispondenza dell'altra. A somiglianza della yod, che è nel cervello della testa, giacché la sapienza sta nel mezzo e circonda tutto. Allo stesso modo, il cervello è in mezzo alla testa: da lì viene ricevuto tutto, da una parte e dall'altra; da esso assorbe ogni cosa, da ogni lato e da ogni estremità. Per questo motivo, a questa frase doveva seguire necessariamente l'affermazione: Dieci e non undici. Non sono infatti che dieci, poiché la sapienza viene contata con tutte, come, in un nome che cominci per alef, questa viene contata con tutte. Fondato. Prendi due yod, l'una di fronte all' altra: circondano tutto quanto è tra di esse, e tutto assorbe da esse.


    Dieci e non nove. Sebbene la sapienza sia con tutte, non chiederti: Come posso dire che è una Sephirâ? Dieci e non undici. Non chiederti: Dal momento che la sapienza rappresenta l'inizio del pensiero del discorso, come potrò non contarne undici? Non devi infatti separare la sapienza dalla corona, che è il pensiero dell'inizio del discorso, sebbene tu non possa afferrare il pensiero di Colui che conta e che unisce, né tu sia in grado di meditare e diffonderti sulla causa del pensiero dell'inizio del discorso, in modo da capire che non sono che dieci. Non dire nove. Poiché non vi è fine alla causa del pensiero dell'inizio del discorso, come farò di esso una Sephirâ? Non dire dunque che esse sono undici né nove. Sebbene il discorso sia nell'infinito, vi è nondimeno una causa sottile, o un essere sottile che il pensiero afferra nella contemplazione di ciò che vi allude. Questa causa rappresenta pertanto una Sephirâ nel pensiero, che è un essere sottile in cui ve ne sono dieci. Le cose hanno dimensioni e misura, ma il pensiero non ha misura; per questo vanno di dieci in dieci: dalle sottili derivano quelle che sono state tracciate, giacché dieci derivano da dieci, le sottili da quelle poste nell'intima sottigliezza. Dalla forza di allusione del pensiero riconosciamo ciò che possiamo comprendere e quanto siamo costretti a tralasciare, giacché da quel punto in poi non è possibile capire il pensiero allusivo. La cosa creata non ha infatti la forza di afferrare l'intima allusione del pensiero alla comprensione dell'En soph, giacché ogni contemplazione nella sapienza, a partire dalla comprensione intellettuale, è sottigliezza, allusione del suo pensiero nell'En soph. Per questo afferma: dieci e non nove, giacché il pensiero non concepisce di dare misura a ciò che è al di sopra della sapienza, e nemmeno nella sapienza, se non attraverso la contemplazione, come è detto: devi intuire con sapienza. Intuire è un infinito: in quanto imperativo, devi intuire è rivolto alle sole persone in grado di comprendere. Non dice «intuisci la sapienza», o «conosci la sapienza», ma devi intuire con sapienza, poiché la sapienza giunge attraverso l'intelligenza, e l'intelligenza è la contemplazione nella sapienza: non la contemplazione della sapienza, ma il contemplare la contemplazione che è contenuta nella sapienza. Ma com'è questa contemplazione? Devi intuire con sapienza, essere sapiente con intuito, giacché sono essenze nascoste, nelle quali non vi è traccia, non vi è cosa che abbia forza di contemplarle, se non quanto è stato da esse emanato. Com'è la contemplazione che ne ha questa cosa, o l'illuminato che la contempla? Dalle essenze che sono state tracciate si ottiene la contemplazione di quelle che non lo sono e, dal profondo della comprensione del loro pensiero, la contemplazione della loro causa nell'En soph. Esamina. Esamina con esse l'intelligenza. Si dice infatti «esaminare qualcosa»: non «esaminare da qualcuno» ma «esaminare qualcuno», «esaminare una causa». L'esame avviene attraverso un'altra cosa, cosicché con la sapienza si esamina l'intelligenza. E indaga. Dal lato del merito e da quello dell'intransigenza, come è scritto riguardo a esse: Insondabile (Is 40. 28); per questo non afferma: Indagale. La spiegazione è la seguente: da esse costruì l'edificio che si conosce attraverso i sensi, e lo calcolò con le misure delle cause emanate da esse, e costruite con esse. Stabilire la cosa sul suo sostegno (we-ha'amed davar 'al buryo). Sul suo trono; la traduzione aramaica de il suo sostegno (miš'anto) è, appunto buryeh, e la parola si ritrova nell'espressione: Il tuo sostegno e la tua verga (Sal. 23. 4). È la linea fondata nel centro, che costituisce il fondamento del mondo.

    Porre. La bellezza. Il Creatore sul suo fondamento. Il suo fondamento, la sua eternità e il suo fasto, che sono uniti in basso, nell'intelligenza, che li sorveglia.

    La loro misura è dieci. Ogni parola è una misura, e ciò che ne è al di sopra, è la sua pienezza. L'attributo è infatti una forza che emana dalla misura che valuta le essenze, è misura ed emanazione dell'essenza nell'En soph. Profondità. È la comprensione sino all'infinito. Principio. Emanazione di forza di profondità: è la sapienza; la profondità proviene dall'En soph, e tutto è uno. Poiché il pensiero non comprende, è detto dieci e non undici. La profondità è la fine della comprensione del pensiero verso l'infinito. Termine. È l'intelligenza, che è l'inizio, chiamato he come la fine. Tutte le essenze non hanno una traccia comprensibile nella sapienza: ciò di cui facciamo menzione, rappresenta la prima parte degli attributi, il primissimo inizio delle cause delle cose separate; gli attributi che vengono ricordati sono tutti nell'En soph nella nostra lingua vi è solo la parte iniziale degli attributi. La loro semplicità è priva di divisione, giacché sono la causa iniziale delle cose separate. Altezza. È ciò che sostiene tutto, e per questo è posto nel mezzo, giacché doveva cominciare a parlare da ciò che fa piegare quanto si è innalzato dall'alto in basso e dal basso in alto: è sigillato e innalzato con tutto nelle altezze, all'infinito. Sotto. Giusto. Oriente. Bellezza. Occidente. Eternità. Nord. Vigore della potenza. Sud. Fasto. Questo indica il versetto che afferma: A te, o Signore, si addice la grandezza, la potenza, la bellezza, l'eternità e il fasto, poiché tutto quello che sta in cielo e in terra è tuo. Ti è proprio, o Signore, il regnare e l'elevarti al di sopra di tutto (I Cron. 29. 11). Non esprime l'ordine delle direzioni, ma delle forze, e le indirizza a pregare verso occidente. L'ordine dei filatteri è da oriente a occidente, giacché la šin con quattro aste indica la sapienza, l'intelligenza, la clemenza e il timore: questo di giorno. La šin con tre aste è posta a destra, a indicare che questo è oriente, quando colui che l'indossa è volto a sud, e la šin con quattro aste è a occidente. Ma di sera, la šin con quattro aste è a sud, e rappresenta eternità, fasto, bellezza e clemenza; quella con tre è allora a nord, e indica il giusto, il diadema e il timore. Colui che prega rivolto a occidente, ha il sud alla propria sinistra e il nord alla destra: in questo lato è la šin con tre aste. A questo allude la duplice menzione de la tua destra. La prima indica il ritorno al di sopra della bellezza, giacché proviene da destra, come: «il candelabro a sud». La seconda indica la Sephirâ di bellezza sul diadema, giacché rimane alla destra di chi sia volto a occidente: La parola «oriente» (mizrah) indica ciò che riceve luce per risplendere. Egli non dice infatti mazriah, «che fa risplendere», ma mizrah, «oriente», causa della luce che riceve il sorgere della luce. Giacché è sempre volto a occidente, e colà si dirige, è chiamato occidente il volgere del sole. Occidente. È ciò che viene ricevuto nelle nuvole ('aravot) dalle cose mescolate, nelle quali non vi è traccia. Sud (darom): «sufficiente altezza» (de rum). È la Sephirâ della bellezza, che riceve attraverso la preghiera e compie quanto le è stato assegnato. Nord (safon): è quanto risulta nascosto (safun) a chi si volge a esso: è una misura nella quale vi è, dalle cose nascoste, la volontà di quanto si volge a essa. «La tavola era a nord», allude al fatto che davanti al Signore, sia Egli benedetto, «viene dato a ciascuno secondo le sue necessità». Il Signore, unico Dio, domina. Sino alla sommità, su tutto. Unico. Giacché è unito in tutto, e tutto è unito in lui. Domina su tutto. È il dominio racchiuso in tutti gli attributi, di cui si è fatta menzione, nell'En soph. Dalla sua santa residenza. È la limpidezza. Per l'eternità ('ade 'ad). Rafforzamento, stabilità, solidità, durata di qualcosa che continua a essere: da «ancora» ('od), a significare che dura ancora.

    Il loro aspetto. L'aspetto è la contemplazione di una cosa entro un'altra, come è detto: Osservavo per vedere (Abac. 2. 1), affinché gli fosse fatto vedere il discorso. L'aspetto è ciò che ogni causa riceve dalla causa a essa superiore, giacché la misura attinge dalla misura intagliata, quella intagliata dalla misura incisa, quella incisa dalla misura tracciata, e la misura tracciata da quella nascosta: ciascuna entro l'altra, e questa entro la successiva, questa legata a quella e quella legata a questa. In che modo ricevono? Mediante la ricezione di una cosa sottile e dell'essenza. Apparenza. Contemplazione entro la quale non vi è alcunché; l'apparenza è splendore, sottigliezza, limpidezza, comprensione di quanto viene ricevuto; a questo proposito è detto: E l'uno gridava all'altro e diceva (Is. 6. 3), espressione che il Targum Yonatan traduce con: «E ricevevano questo da quello». Apparenza di folgore. È sottigliezza, limpidezza, comprensione di quanto ricevuto. Il loro confine. Non equivale alla loro misura, giacché la misura è una cosa che viene ricevuta secondo le realtà separate. I profeti videro misure in base alla loro comprensione, e, grazie alla ricezione della forza di queste, ampliarono il loro pensiero più degli altri uomini. Ebbero infatti, in tal modo, ampiezza d'anima, per diffondersi nei particolari, nell'infinito. Il loro confine significa invece il confine della loro ricerca, giacché ogni misura ha un confine, e ogni perfezione ha un limite, come è scritto: Di ogni perfezione ho visto un limite (Sal. 119. 96), ma il tuo precetto, sebbene abbia un inizio, possiede una perfezione che cresce e avanza grandemente, all'infinito. Se ogni cosa che finisce ha un limite, il tuo precetto è confine della comprensione, che nessun uomo può comprendere: nessuno comprende se non la parte iniziale degli attributi. Alla sua parola. Bellezza, è l'innalzarsi della parola in tutte, giacché quasi si innalza la volontà della parola, come è scritto: Dio è grandemente terribile nell'assemblea dei santi (Sal. 89.8), e anche: «il tuo nome terribile». Con furia, non è detto «una furia», giacché si tratta di qualcosa più interno delle sante hayyot. E al suo detto come una bufera. Il prostrarsi equivale al gesto di chi dà riposo ai propri attributi e non si occupa che del pensiero, e compone nel pensiero, e lo innalza; sottomette il corpo per far prevalere la propria anima superiore.


    È fissata. Cose che vengono isolate, appoggiate sui lati e innalzate al di sopra di se stesse, come una casa che venga innalzata da un'altra, come fra due calamite, una in alto e una in basso. È fissata (na'us) rende in aramaico l'espressione era poggiata (mussav) della Scrittura (Gen. 28. 12): significa cioè qualcosa appoggiato e accostato a qualcos'altro. La loro fine nel loro inizio. Come viene diffuso ciò che è diffuso; tutto procede dalla sorgente: se la sorgente s'interrompe, tutto s'interrompe. Poiché si diffondono perennemente, l'inizio non ha fine; per questo è detto: La loro fine nel loro inizio. Molte lingue di fuoco si diffondono infatti dal tizzone, che è unico: Le fiamme non possono durare da sole, ma hanno bisogno di qualcos'altro, e così, tutte le cose e tutti gli attributi, che paiono separati, non hanno in realtà separazione alcuna, giacché tutto è uno, come all'inizio, ove tutto è unito nella circoncisione dell'Unico.


    Il Signore è unico. Ora allude alla misura nell'En soph, che non ha limite da alcuna parte. Sì che non pensi alle cose nascoste al pensiero, e non si turbi. Da quanto si comprende, è infatti possibile conoscere quanto non si comprende. Per questo motivo gli attributi sono stati fatti in modo che ogni espressione comprenda solo ciò da cui essa deriva; nessun uomo comprende l'attributo del discorso e delle lettere se non nell'attributo medesimo, né tale attributo è al di fuori delle lettere. Tutti gli attributi terribili sono stati trasmessi per essere contemplati: ciascuno di essi proviene da uno ancora superiore, ed è stato affidato a Israele perché questi contemplasse entro l'attributo terribile, nel cuore, sino all'infinito. Non v'è modo di pregare se non attraverso le cose limitate, attraverso le quali l'uomo viene accolto e innalzato nel pensiero, sino all'infinito. Per questo è detto: Andavano e tornavano (Ez. 1. 14). Che ritorni là. Le cose s'innalzano veloci, nei loro segreti, per poi ritornare al loro luogo, dopo che sono state ricevute. Fu sancito. Fu tagliato, ne fu fatta una dimensione e fu chiamata «patto»: ogni cosa fu creata e purificata.

    Uno. Inizio delle essenze. Uno, spirito del Dio vivente, giacché tutto deriva dallo spirito. Benedetto e ancora benedetto. Si tratta dello spirito, che comprende la voce, la quale rappresenta la piacevolezza del diffondersi dello spirito stesso. Lo scavo avviene mediante la voce, giacché essa procede nella parte interiore. Nello spirito incise. L'incisione nella voce, l'intaglio nello spirito, per mezzo della voce. La voce ha consistenza, e non è che un recipiente. E intagliò in esso. Nello spirito vi sono un'incisione e un intaglio. La sottigliezza dell'intaglio è proporzionata alla sua sottigliezza, alla sua grossezza è proporzionata la grossezza dell'intaglio. E un unico spirito da esse. È la Sephirâ del ritorno, nella quale sono state incise le ventidue lettere: non che fossero comunque altro che spirito, giacché dallo spirito furono intagliate, e anzi la lettera è la cosa medesima. Lettere dalle quali derivarono le incisioni.

    Acqua. Clemenza. Melma. È più sottile del fango, che è travasato da recipiente a recipiente. Il fango è infatti spesso. Un solco. L'acqua viene paragonata a un solco, fatto di archi posti l'uno entro l'altro: vi è terra da sola, e poi pietre e vene d'acqua, che sono formate con le pietre limacciose, giacché la terra ha una parte maschile e una femminile. Vi sono vene che vengono alimentate da una parte e dall'altra, per mezzo dei cunicoli. Le lettere sono incise, stanno diritte e sono coperte. Vi è la lettera che è incisa, come un solco; vi è la lettera che sta ritta, come un muro; vi è la lettera che è coperta, come una travatura. Per questo, nell'ora in cui Davide scavò i pozzi, e l'abisso cercò di inondare il mondo, Ahitofel gli insegnò il Nome di quarantadue lettere: Davide lo scrisse su di un coccio e lo gettò nell'abisso, affinché non inondasse il mondo. In seguito a ciò, tutto il mondo si inaridì, e bisognò pronunciare i quindici gradi che sono contenuti nei salmi, in corrispondenza dei quindici gradi interiori. Su ogni grado salì il grado successivo, e il mondo tornò al suo stato normale. Fuoco dall'acqua. Il timore dalla clemenza. het, e due volte otto, samek dalet, che sono tutto l'edificio: insieme formano Hsd, la clemenza (Hesed). La sua residenza. Tutto l'edificio. Altezza come santità, e altezza maggiore dell'altezza. Sigillò l'altezza con la yod, che è nella sapienza: con essa furono sigillate le tre madri, che sono intelligenza, clemenza e timore. Le fissò nel suo grande Nome e con esse fissò le sei estremità. Si volse verso l'alto. Fece volti in alto. Lì si trova infatti ovunque, giacché in alto non vi sono che volti, che la sapienza circonda da ogni lato. La sorgente ha però più forze interiori delle altre, che ricevono, mentre la parte posteriore ne ha in proporzione all'esiguità di quanto le viene trasmesso. Questa medesima cosa rappresenta un volto per colui che le è vicino, e riceve quanto da essa si effonde. Settentrione e meridione. Il settentrione andò verso il meridione.
    Capitolo Secondo


    Ventidue lettere. Non era necessario che egli ricordasse qui le dieci Sephiroth, poiché ne aveva già fatto menzione: per questo motivo egli cita solo le ventidue lettere. Semplici. Ognuna si diffonde in modo autonomo, senza mutare. Benché noi troviamo invece dell'odorato l'assenza dell'olfatto, invece della favella il mutismo, e così per tutte le lettere semplici, ciò nonostante queste ultime differiscono dalle lettere doppie: il mutismo, la mancanza di olfatto e simili non sono infatti che assenza e privazione, come l'oscurità, che è mancanza di luce. Nelle lettere doppie, la pronuncia tenue o forte ha invece una causa propria.
    E la lingua è la norma. La Sephirâ della bellezza è chiamata «norma », come è detto: Ché norma per Israele è questa (Sal. 81. 5). Alef è tuttavia legge: innalzamento della norma ed elevazione della sua corona, sebbene egli non ricordi tale superiorità sino al capitolo terzo, nel quale cita l'interiorità dell'indulgenza e dell'intransigenza. Dal momento che menziona qui le ventidue lettere, fa cenno anche alle tre madri, sebbene non fosse necessario.


    Le incise. Nella Sephirâ del ritorno, fece la materia informe; non vuole tuttavia parlare della traccia, sebbene si trovi ciò che è stato tracciato nella forma scritta di emet, «verità»: la traccia non è infatti forma, sinché non sia dapprima per iscritto. Le intagliò. Dalle lettere che costituivano il fondamento: incise dapprima nella Sephirâ del ritorno, dopo che erano stati stabiliti i confini, nell'incisione eseguita dopo le tracce. Le soppesò. L'una rispetto all'altra, per accoppiarle, affinché dessero frutti, giacché non è possibile che una cosa emani da un'altra senza contrappeso. Le permutò. La permutazione è compresa nel cambiamento. È scritto infatti: La pioggia è mutata, se n'è andata (Cant. 2. 11), giacché la pioggia viene inviata dalla causa, e poi fa ritorno, come è detto: Che anzi opererà quanto mi aggrada (Is. 55. 11). È scritto è mutata, poiché è tornata alla sua materia informe. E possibile che venga inviata nuovamente con cambiamenti, qualora da una pioggia fitta ne derivi una tenue. In quanto mutazione di qualcosa rispetto alla propria radice, il cambiamento non è invece compreso nella permutazione, come è scritto: Come un vestito li muterai, e passeranno (Sal.102. 27). Come nel caso del mutamento delle vesti, chi è soggetto a cambiamento si trasforma radicalmente, sebbene esista anche una trasformazione limitata al passaggio da un attributo all' altro, da un colore all'altro, o da un luogo all'altro. La permutazione è invece simile a quanto avviene per un re, che giunga alla fine del proprio regno e ne venga allontanato, di modo che un altro, migliore di lui, governi al suo posto, o altri casi simili. La permutazione passa infatti di causa in causa, e di generazione in generazione, come nel caso di Davide, al quale fu conferito il fasto del regno, e tale causa agente ebbe effetto fino a quando giunse il compimento della sua sorte. In seguito, ebbe inizio il regno di Salomone: a lui fu infatti dato il fasto del regno, che era stato del padre suo. L'uno fu permutato nell'altro. La medesima cosa avviene per le lettere, che vengono agitate e diffuse: per questo è detto che le sostituì, e non che le cambiò.


    Le combinò. Sino a questo punto, egli ha trattato di nozioni che sono di pertinenza al mondo superno, ora fa invece cenno al luogo ove, dalla semplicità delle lettere, sono state tratte le realtà separate. Le combinò. Le accoppiò molte volte. Il ricorso a espressioni diverse le soppesò e le combinò che riguardano l'accoppiamento, dipende dal diverso grado di interiorità, come la differenza che corre tra la traccia, che è più interna dell'incisione, e l'incisione, che, a sua volta, è più interna dell'intaglio. Allo stesso modo, il soppesare esprime una nozione più intima del permutare, e il permutare del combinare, in guisa di quanto avviene per le fiamme, le quali, sebbene siano separate, non hanno possibilità di compiere alcunché finché non siano tutte unite nel tizzone. Così anche nell'albero, i rami non hanno vigore separatamente, ma solo combinati l'un l'altro, questo davanti a quello. La combinazione, che egli ricorda qui, significa che nulla di quanto ha menzionato si unisce senza combinarsi. Egli ha infatti voluto esprimere il discorso per gradi, e porre l'ordine iniziale. All'inizio, Egli fece gli uomini e poi le donne, fece dapprima Giacobbe ed Esaù, una donna da una parte e una dall'altra, e soppesò chi fosse adatto ad accoppiarsi con questo e con quello (questa è la pesatura), di modo che all'uno seguisse l'altro e a questo, quello. Tutte le anime superiori future furono così create fin dall'inizio, assieme a tutte le forme destinate a ricevere lo spirito.


    E con esse formò. La parola formò (sar), deriva da «descrizione» (siyyur), «forma» (surah). Con esse. Con le lettere stesse fece una forma, affinché in basso ne venisse tratta un'altra forma. E così per ogni cosa, e per ogni causa, finché non giunsero alle realtà separate, che sono al di sotto delle dieci Sephiroth, e da queste assorbono, come i frutti dell'albero, sinché non sono maturi. Quando hanno portato a termine la propria maturazione, essi cadono dal luogo donde hanno assorbito, e altri si rinnovano al loro posto. Talvolta, da quelli che sono caduti, sorgono grandi alberi, che a loro volta producono i propri frutti. Così per i frutti, e i frutti dei frutti, in eterno; ciascuno secondo l'elevatezza del luogo donde ha assorbito, e la causa dipende dall'importanza di questo e dall'importanza dei suoi frutti. Che è destinato a essere formato. Si tratta degli spiriti, che sono essenze sottili, conservate in un unico luogo. Tutti sono stati fatti dal principio, sebbene le hayyot, forme delle anime superiori, siano state modellate dalla forza interna della cosa, a cui il cuore non può pensare. Allo stesso modo, le forme sensibili provengono dalla forza delle cause terribili che si percepiscono attraverso la sensazione, poiché sono lo strumento delle anime superiori interne unificate.


    Scolpite nella voce. Nel diffondersi della piacevolezza della voce, furono emanate le lettere e vennero incise, come è scritto: La voce del Signore intaglia lingue di fuoco (Sal. 29. 7). La voce, diffondendosi, divide infatti una lettera in numerose altre; si tratta della voce interna, che ha la caratteristica di essere assai sottile e che non può essere raggiunta. Scavate nello spirito. Sono state intagliate con la forza del ritorno, e nel ritorno hanno dimora. Le lettere hanno un corpo e un'anima superiore, fissati nei canali della testa e nello spirito di tutte le lettere. Lo spirito è fissato nella bocca, giacché vi è differenza tra il movimento della lingua e quello della bocca. Lo strumento dello spirito agita infatti quelli che parlano, i quali ne vengono mossi. Hanno un posto fissato, che non è possibile spostare.


    Una ruota. È una cosa che viene fatta volgere, come una ruota (ke-galgal), come il cranio (kegulgolet) della testa. Fa parte delle realtà separate: quando si volge, tutto si volge assieme a essa. Metà della combinazione delle lettere è posta nella ruota, ed è costituita da duecentotrentuno porte. La metà che rimane consta di altre duecentotrentuno ed è posta al di sopra della ruota: sono quattrocentosessantadue alfabeti, e due di essi sono chiamati «porta». Avanti e indietro. Come segno della cosa: in avanti piacere ('oneg), indietro dolore (nega'). E ogni discorso. Se la formazione non parlasse, esso non sarebbe nulla, giacché il completamento del discorso non avviene se non per mezzo dello spirito. L'uomo che Rava aveva creato fu fatto tornare alla polvere, giacché egli non sapeva far entrare in lui lo spirito, affinché parlasse, e potesse sussistere. In un unico nome. La loro radice è in un unico nome, poiché le lettere rappresentano le branche visibili, come le fiamme che guizzano, nelle quali vi è il movimento e che sono unite al tizzone. Allo stesso modo, anche i rami, i bracci e le frasche hanno la loro radice nell'albero; così anche la pesatura proviene dall'intaglio, e la permutazione dalla pesatura: da quest'ultima deriva la forma. Tutte le cose sono state fatte forma, e tutte le forme non escono se non in un unico nome, come il ramo esce dalla radice. Ne deriva che, quando tutto è nella radice, è un nome unico: per questo è detto, infine, un unico nome.


    Caos (tohu). Essenza nella quale non vi è forma, emanata da entro la preparazione al ritorno. Da esso deriva l'oscurità, e per questo è detto: E la chioma del tuo capo è come porpora (Cant. 7. 6). Caos (tohu) deriva dell'espressione «si rammarica (tohe) per le sue azioni passate», cerca di cancellare quanto è avvenuto. Il caos è la traccia delle essenze, nella quale non vi è forma: è stata fatta con la parte sottile dell'essenza, che è la sostanza dell'aria spessa; da essa deriva l'oscurità della sostanza, che è la materia concreta, per questo è detto: Oscurità, nubi (Deut. 4. 11). Simile a questa è l'oscurità dell'Egitto: per questo sapevano che tutta l'oscurità proveniva da una causa superna. La tenebra è più dell'oscurità, giacché colà non vi è nemmeno lo spirito. La caligine è compresa tra le due.


    Grandi colonne. Dalle lettere doppie, che sono entro le grandi colonne, le quali rappresentano le radici. Le radici sono le essenze interne, comprese nelle dieci Sephiroth: sono le sei estremità e la preparazione del ritorno, che è il nascondiglio della sua possanza (Abac. 3. 4). A proposito delle sette doppie, che sono le grandi colonne, è detto: Che pasce il gregge tra i gigli (Cant. 2. 16). La bet allude a ciò che si eleva sui serafini "'; tutto questo costituisce infatti il fondamento del mondo, il quale deriva dalle sei estremità, ed è fissato nel rigore. Per questo è detto: Che pasce il gregge tra i gigli, colui che pasce con queste sei cose il proprio mondo, giacché sono i padri dei padri di tutte le generazioni.


    Inafferrabile. L'oscurità, che è sottile; è aria talmente sottile che passa al di là delle sfere e dei firmamenti, e all'interno di essi: per la sua gran sottigliezza, non viene trattenuta. L'aria che viene trattenuta entro l'otre è invece spessa, giacché lo spirito sottile superno, grazie alla sua tenuità, non viene fermato da alcun impedimento: il suo vigore è proporzionato alla sua sottigliezza: in questa risiede infatti la capacità di non farsi arrestare da un muro o da un divisorio e non venire così trattenuta. Esso deriva dalle essenze spirituali interne, che non si afferrano e di cui al cuore si mostra l'intaglio: da esse emanano le sostanze corporee, le quali vengono invece afferrate.


    Dodici semplici. La loro nozione comprende dodici colonne, giacché tutte le cose constano di essenze entro essenze, volti entro volti, ed entro questi, altri volti. Scruta. Come è stato affermato:
    «Così il Santo, sia Egli benedetto, guardò nella Torah». E questo è il segno della cosa. Si usa la parola« segno» per nascondere la cosa. Ventidue elementi. Ciascuna delle ventidue lettere è un grande elemento. Che cosa significa «elemento»? Una materia che costituisce uno strumento, come avviene per le pietre della torre. In questa vi sono infatti numerose pietre, ciascuna delle quali ha un proprio nome. Nel loro insieme, vengono però chiamate con un nome unico, che è, appunto, «torre».

    Capitolo Terzo



    Il loro fondamento. Il fondamento viene da esse, ed esse ne sono la causa. Il fondamento delle tre madri è l'intelligenza, sebbene a questo proposito si faccia solamente menzione delle cause visibili, le quali sono comprese entro quelle invisibili: per questo sono chiamate «madri». In seguito, le chiama «padri». Il piatto (kaf). Nel senso proprio. Talvolta si soppesa con il palmo (kaf) della mano, come è scritto: E li aveva guidati col senno delle sue mani (Sal. 78. 72). Inoltre, le palme ricevono la benedizione.


    Un grande segreto coperto. Dai profeti. Meraviglioso. Giacché è elevato in alto (per queste cose non vi è discesa), e sigillato in sei combinazioni: 'mš, mš', š'm, 'šm, šm', m'š. Esse sono racchiuse nel Nome, come è scritto nel primo capitolo: in esso sono state sigillate le sei estremità, giacché il Nome è sigillato su tutto, e rutto è sigillato in esso. Anelli. Come l'anello in cui entra il dito, e che è una cosa che è stretta in una che ne stringe un'altra; quanto è stretto trae da lì la propria forza, giacché, durante tutto il tempo in cui l'anello che sigilla è al suo dito, esso riceve un'aggiunta dal suggellarle. Sono tutte forze terribili, l'una entro l'altra: quelle interne derivano da altre ancora più interne, questa da quella, e quella da questa.


    Si dividono in maschio e femmina. A seconda delle lettere, che si incontrano le une con le altre, in base alloro ordine, la loro opera termina con la maggior parte di quelle femminili da un lato, poiché l'aspetto minoritario viene annullato da quello prevalente. La šin, che è fuoco, ha una parte femminile: quando si incontra con lo spirito, che ha un aspetto femminile e uno maschile, prevale il femminile. Quando acqua e spirito sono vicini, la parte maschile prevale su quella femminile, giacché lo spirito è prevalentemente maschile. Il contrario di queste lettere si ha quando la ruota si volge da piacere ('oneg) a dolore (nega'), e da dolore (nega') a piacere ('oneg). Il nostro maestro ha affermato che tutto è inciso nella ruota, e in quanto è simile a essa in tutti i generi che vi sono al mondo; così, in tutte le lettere vi è un'incisione, sia per il bene sia per il male: talvolta s'incontrano lettere incise per il bene, e altre lettere incise per il male. La cosa non dipende infatti dalla combinazione inversa delle lettere, ma le lettere stesse sono ogni cosa. La lettera è incisa, nel proprio luogo, per compiere l'azione; talvolta la medesima lettera si muta dal bene al male e dal male al bene. Mem silenziosa. Silenziosità, silenzio sottile, come è scritto: Tempo di tacere e tempo di parlare (Eccl. 3.7). Questo è lo hašmal, a proposito del quale è stato affermato: «a volte tacciono e a volte parlano». La silenziosità precede infatti il suono del discorso, dall'inizio alla fine: hš ml; e dalla fine all'inizio: ml hš. Tutte le lettere si dividono tra sorde e sonore, e ciò che le equilibra. In ciascuna delle lettere sono racchiuse tutte le lettere: ognuna ha tuttavia una base propria. Tutte le dieci sephiroth sono incluse in ciascuna lettera, e per questo egli afferma: Alef con tutte e tutte con alef; beth con tutte e tutte con beth. Come si potrebbero infatti pesare, se ciascuna di esse non le contenesse tutte? Come l'alef contiene le prime dieci sephiroth, che sono state incise nello spirito proveniente dallo spirito. In ciascuna di esse vi è una sorta di essenze sottili, interne, coperte, senza determinazione: tutto quanto verrà intagliato in esse vi è compreso, come è compresa nell'uomo tutta la sua discendenza. Lo stesso avviene per ogni lettera inclusa nelle colonne delle lettere: la loro incisione entro la forma delle lettere grandi è nascosta in esse e occultata, ed è inafferrabile tutto quanto ne verrà intagliato ed emanato. Lo stesso vale per le essenze poste entro la sapienza, come abbiamo spiegato, giacché tutte le cose giungono attraverso l'intelligenza nella sapienza, come è scritto: Esaminavo nelle scritture (Dan. 9. 2).


    Alef è la norma. Elevazione della norma e altezza della sua corona. Tre padri. Dalle tre madri; formano coppie attraverso lo scambio, ma non si tratta di permutazione nella quale l'una venga annullata e un'altra ne prenda il posto. È, piuttosto, una condizione nella quale ciascuna esercita la propria forza, come se vi fosse 'mš in un luogo, e da esso derivasse un'azione, e 'šm in un altro luogo, da cui provenisse un'altra azione. Da tutte le loro permutazioni deriva una forza che differisce da quella che risulta dalla singola permutazione. Nel mondo. Il riferimento è a partire dal livello delle realtà separate, verso il basso; le cose non si muovono tuttavia dal loro posto. L'anno. Al di sotto del mondo. Sono i dodici mesi che ricorrono nel governo del mondo: essi sono diversi l'uno dall'altro. Nell'anno vi sono infatti fondamenti diversi.


    Tre madri. Cose che vengono emanate, si emanano e si ricevono l'una con l'altra. Quando però si giunge al mondo delle realtà separate, non vengono chiamate se non «padri», giacché da essi dipende la generazione. Già dall'inizio li si è definiti «padri», giacché essi sono chiamati così, come le fiamme dai tizzoni. Quando si giunse alle realtà separate, fu fatto l'agente che deriva da ogni maternità. Da tutte le unioni di cui si è detto furono invece fatti i padri, affinché realizzassero le unioni nella separazione: tutte le cose che hanno dato discendenza; sebbene si parli di realtà separate, non ci si è mossi da quanto è unito, giacché tutto assorbe di là, e per questo è sigillato in ogni cosa (si tratta dei tre padri); è stato così detto come in essi furono realizzati il mondo, l'anno e l'anima. Tutte queste unioni furono create, e da esse venne emanato l'uomo, che è costruito con le lettere. Quando questo edificio fu costruito, lo spirito superno che lo governava, governò su tutto, cosicché tutto risultò unito, nei mondi superni e in quelli inferiori. Ciò deriva dalla nozione di mondo, anno e anima, giacché tutto quanto è nel mondo è anche nell'anno, e tutto quanto è nel mondo e nell'anno è anche nell'anima. L'anima superiore equilibra tutto, e le cose si separano l'una dall'altra, essenze entro essenze. Tuttavia, dall'inizio del mondo separato, si hanno prodotti avvertibili, forme che hanno un limite.


    Il caldo si crea dal fuoco. Non ha voluto qui far menzione del caldo creato dai cieli, i quali vennero a loro volta creati, in principio, dal fuoco, ma ricorda solamente i padri, e le loro generazioni, e le generazioni delle generazioni, in eterno. L'umidità tiepida dello spirito. Dall'aria che è spirito, sebbene abbia voluto ricordare solamente i padri, al fine di illustrare il principio di ogni generazione. Per questo ha usato l'espressione «inizio», giacché l'uomo è un grande sigillo, nel quale vi è l'inizio e la fine dell'insieme di tutte le creature. E invero, «il cielo fu creato per primo», giacché è l'inizio delle cose separate. Non ha inteso parlare se non dell'inizio, che sono le madri. Ogni generazione risiede infatti nella forza del sigillare: quando sono sigillate nei padri danno una discendenza, ma qualora se ne separino, persino per sigillare le generazioni dei padri, non danno discendenza, giacché tutte le cose ritornano alla radice del loro principio.


    E con esse sigillò. Dopo che fu fatto il fascio, venne sigillata in esso una lettera, affinché facesse stare il tutto: perché non si mutassero, nel mondo, il maschio e la femmina, e così nell'anno e nell'anima: l'uno riceve dall'altro, giacché l'uno è al di sotto dell'altro. Allo stesso modo, furono sigillate nei padri tutte le generazioni: ogni lettera ha infatti un corpo, uno spirito e un'anima superiore. Essa riceve forza dall'interno del limite del pensiero, che la incorona, per farla stare nel suo vigore, e rafforzarla e arricchirla, affinché accolga la forza con cui dominerà. Il corpo delle lettere, di cui abbiamo parlato, è spirito; il loro limite è proporzionato al limite della conoscenza della loro origine. Maschio in 'mš. Ciò si riferisce a quando la femmina emette il seme per prima, e genera così un maschio: infatti, la generazione del fuoco precede. In seguito, giunge la goccia del maschio, e prevale su di essa: l'anima superiore entra allora in tale goccia, nelle sue lettere, in accordo con l'ora, che è fuoco. L'uomo reca l'acqua, giacché questo è 'mš; per questo motivo essa genera un maschio. E femmina in 'šm. Quando l'acqua della goccia del maschio precede, ed egli produce seme per primo; il fuoco della femmina si attacca su di essa, con lo spirito che vi è fissato. Secondo l'inversione delle lettere, la formazione muta dal maschio alla femmina, e dalla femmina al maschio. Talvolta nasce di sesso dubbio, o androgino, secondo l'inversione delle lettere 'mš.


    Fece regnare. Ogni «fece regnare» che è nella forma, compresa nella formazione, esprime un accoppiamento, giacché tutto era nell'intelligenza. Egli fece regnare, poiché il re è fatto regnare, e ogni parola che è nel consiglio può dire e governare su di esso.

    Capitolo Quarto



    Doppie. Giacché, dopo la causa della vita, fu emanata la causa della morte. Il raddoppiamento indica la generazione della causa della vita, mentre la causa della morte è la pronuncia tenue. Alcuni sostengono, invece, che la causa della vita sia la silenziosità, quanto è silente e tenue, mentre causa della morte sarebbe il rafforzamento, la sonorità, il raddoppiamento e la pronuncia. Tra le doppie e le semplici vi è una differenza, benché si trovi, a proposito delle semplici, la contrapposizione tra vista e cecità, e altre simili, non si tratta tuttavia di lettere doppie ma semplici, giacché ciò che causa la cecità non è infatti una ragione autonoma, ma la mancanza della vista. Per le lettere doppie, avviene invece che, dopo la causa della vita, venga emanata quella della morte: il bene emana dalla profondità del bene, e il male emana dalla profondità del male: questo è il senso dell'espressione: il bene dal bene e il male dal male. E se obietti: Come può derivare il fuoco dall'acqua? Bisogna dire so che ciò deriva dalle dieci Sephiroth, le quali sono essenze interne, tanto profonde nei recessi della sapienza da essere radice dell'unificazione, in loro stesse, del bene e del male: cominciano a germogliare, come l'albero, i cui inizi non appaiono sinché non siano spuntati. Le lettere non si comportano però in tal modo, giacché sono come i rami dell'albero. Le doppie sono il frutto delle dieci Sephiroth, le quali rappresentano il principio materno; tre triadi, e una che è con tutte: per questo si dice che sono dieci.

    Doppie. Giacché nel loro inizio vi sono le une e le altre. Tenero. Vi è una tenerezza che è per il bene, e una che è per il male. Duro. Vi è una durezza che è per il bene, e una che è per il male; e così per ogni attributo. Vi è un bene che è per il male, e un male che è per il bene. Per questo è detto: sono doppie per l'alternanza, giacché la medesima causa, che è buona, viene mutata per compiere male, come avviene per i malvagi, che rovesciano l'attributo della misericordia in crudeltà, o per i giusti, che rovesciano l'attributo del rigore in quello di misericordia, in corrispondenza delle sette doppie interne e delle ramificazioni che da esse dipendono, come i sette giorni, i sette anni e i sette settennati.


    Estremità (qesawot). Da «tagliare» (qasah); tutte vanno di sei in sei. Invero, è scritto: In sei angustie ti salverà (Giobb. 5. 19). Non dice «da sei» ma in sei; sono le angustie che opprimono gli altri, ma saranno per te un diletto, giacché la settima, che equilibra, è la seconda lettera del Nome. Il suo fondamento è infatti alef, e nell'alef il Nome si eleva. È il Nome interiore, nel quale il Nome si eleva e di cui diciamo: «E il tuo Nome terribile». Tale alef è infatti la norma, poiché rappresenta il ritorno, che è con alef, he. Per questo viene contata come una lettera, come se fosse alef. Il sigillo dell'alef, da ogni parte, è l'inizio e la fine. L'alef mediana del Nome è però come l'anima superiore: se non vi fossero gli spiriti, i corpi non starebbero ritti; se, però, tutto fosse spirito, non si chiamerebbe «Nome». Allo stesso modo la he non cambia, ma viene elevata ed è chiamata Nome completo, che non vacilla, come disse rabbi 'Aqiva: Il tuo Nome non vacilla: verso qualsiasi lato, non è un vacillare; tutti si volgono a oriente per pregare.

    Santo. Preparazione del ritorno, che è nel proprio luogo. Estremità in alto. Clemenza, principio della parola incoronata. Basso. Fondamento del mondo. Oriente. Bellezza. Occidente. Eternità. Meridione. Fasto. Settentrione. Regno. Le estremità, secondo l'ordine del versetto: A te, o Signore, si addice la grandezza, la potenza... (I Cron. 29. 11).



    Il santuario. È il ritorno, con la sua preparazione. Egli regge. Come l'anima superiore, che regge tutto. Le scolpì. Finché le cose non sono passate all'azione, non ha detto «le scolpì». Gli astri nel mondo. Gli astri superni, che sono come un campo, nel quale vengono seminate le stelle: i loro frutti sono gli astri visibili.



    Sette sette. Tutto è per gruppi di sette. Sette da sette, entro sette, giacché le sette doppie racchiudono tutto e tutto di tutto. Astri benefici e astri malefici, e così sino all'effondersi, da essi, dei dodici domini. I giorni nell'anno. I giorni chiamati «porte» sono quaranta. In tal modo furono tutte le cose.

    Due pietre. Sono le lettere, come è scritto: Le pietre sante (Lam. 4. 1). In esse, nelle cavità incise nelle sette doppie, furono incisi i sei firmamenti.



    Doppie. Giacché ognuna si sdoppiò in due, per arrecare beneficio e per nuocere. L'attributo del bene è grande, giacché è la base di tutto e la base della causa emanata, sebbene gli attributi rimanessero all'interno e non fossero ancora usciti alla luce. Da li si divisero, giacché in un unico attributo sono fissate numerose forze. Come quando un uomo malvagio guarda in quell'attributo, che arreca beneficio e nuoce, giacché il beneficio è per lui nocumento. Si può paragonare a colui che mangia un cibo, che gli giova in un'occasione e gli nuoce in un'altra, sebbene il suo sapore non sia mutato.



    Doppie. Volto entro volto, forza entro forza. Le cose che costituiscono l'attributo del rigore sono entro l'attributo della misericordia, come la fiamma è legata al tizzone; come si comportano nel rigore cattivo, così fanno in quello positivo. Quando in un uomo non vi è l'attributo buono, le cose che costituiscono il rigore si separano, per giudicarlo in grandi giudizi; il malvagio non si unisce infatti all'attributo del bene, cosicché questo possa riversarsi su di esso. Per tale motivo, la luce si separa dalle forze del rigore, al fine di non arrecare beneficio ai malvagi.



    Tenero contro duro. Vi sono clemenze che vengono concesse nella tranquillità e nelle benedizioni, e altre che si effondono nelle ristrettezze e nelle durezze. Lo stesso avviene per forte contro debole, e per ciascuna di queste nozioni, relative al bene e al male.



    Morte. Vi è una morte che è clemenza, affinché chi la patisce sia onorato nel mondo a venire e non subisca il governo dell'attributo dell'afflizione, che è destinato a diffondersi: egli viene assorbito dall'attributo della pace, come è scritto: Sì, a causa del male, il giusto scompare, entra nella pace (Is. 57. 2), e anche: Preziosa è agli occhi del Signore la morte dei suoi santi (Sal. 116. 15).



    Guerra. Vi è una guerra che è per il bene di colui che la combatte: in essa non vi è morte né dolore. Tale fu la guerra di Davide con Golia, senza danno, ma con vantaggio.



    Stoltezza. È l'ignoranza, espressa dalla radice sakal, scritta con samek, che è la permutazione di haśkel, «intelligenza», giacché, a forza di concentrarsi su ciò che l'uomo non capisce, si ritorna all'ignoranza. Allo stesso modo, la sapienza diviene ignoranza per chi 1'approfondisca al di là della propria comprensione.



    Povertà. Quando non rimane, di tutta la propria ricchezza, neppure quanto è necessario per sopravvivere. Vi è una povertà che è per il bene. Succede a chi sarebbe destinato a morire, e la povertà lo redime, come se fosse morto. È possibile che la perdita giunga per il compimento di un precetto, affinché il danno sia valutato per lui un bene.



    Sterilità. Se non seminerà, il suo campo non si seccherà.



    Grazia. Da entro la grazia. Quando non si procede nell'attributo dal quale viene conferita, la grazia si muta in un altro attributo, che è brutto. Come avviene per il ricco, che non concede i propri averi per la carità: alla fine, rimane senza beni. Servitù. Giacché l'attributo proviene dal rigore: le parti iniziali degli attributi sembrano molte, ma non sono, al principio, che una. Così, ve ne sono molte sino ai sette firmamenti. Le doppie sono spirituali, superne, fissate tra la vita e la pace: sono tutte affidate al dominio dell'anima superiore, ma non sono fissate. Esse sono simboleggiate dalle sette aperture della testa.

    Capitolo Quinto



    Semplici. Penso che il fondamento delle lettere semplici sia uno, e che una sola cosa le governi. Non dice infatti il loro fondamento riferendosi agli organi che governano ma agli effetti che corrispondono alle lettere semplici. Il fondamento delle semplici è infatti nella testa, ma nessuno degli organi che governano è nella testa, e ciò che assomiglia loro ne resta al di sotto. Perciò, quando elenca i dodici organi di governo dell'anima, non risale al principio delle cose, ma elenca ciò che le simboleggia. Fondamento delle lettere semplici sono invece vista, udito, ecc.: i sensi dai quali l'uomo viene governato. Dodici in corrispondenza dei dodici organi che governano: sono semplici, cosicché il governo e le sensazioni non risultano doppie. Si diffondono in tutto il corpo, giacché non è possibile andare se non con essi. Ve ne sono alcuni che si diffondono persino nelle bestie, sebbene siano spirituali e vengano emanati dalle lettere semplici, in corrispondenza della destra e della sinistra. Sebbene non si tratti di una corrispondenza perfetta, vengono formati nel corpo nel medesimo numero. Le cose corporee vengono emanate da quelle spirituali, e il governo è delle spirituali.

    La loro misura. Sono la parte iniziale degli attributi, creati da questi, sia che salgano sia che scendano, sia che stiano immoti sia che si muovano: tutto proviene di là. Oblique. Si dice di una cosa appuntita alle due estremità, che si allarga nel mezzo. Orientale settentrionale. Allo stesso modo, per ogni frontiera, nonostante che in essa vi sia una parte superiore e una inferiore, tutto è obliquo, a eccezione di otto solamente. Braccia. Giacché da esse salgono e da esse scendono. Gli influssi celesti (mazzalot) sono quelli che dominano nel mondo, come si deduce dall'espressione: Versa (yizzal) l'acqua (Num. 24. 7). Mazzarot deriva invece dall'espressione: Colui che ha disperso (mezareh) Israele (Ger. 31. 10). L'uno va nel luogo dell'altro, e viceversa, giacché in essi è nascosto il fondamento. Le ventidue precedono qui le dieci. La terza è superna, clemenza e timore; e la quarta è la corona, giacché là incise dalle cose e dalle realtà compiute con il Nome.
    Capitolo Sesto



    Il mondo superno è spirito e acqua: la forza del fuoco è terza. Nel mondo delle realtà separate, il fuoco circonda il firmamento che è sopra di noi. Sotto vi è l'acqua, e nel mezzo lo spirito. Nell'anima, il fuoco è al di sopra, l'acqua in mezzo e lo spirito, che è in basso, è la linea mediana, che va dal cervello sino alla punta estrema. Nell'anno, il freddo viene dall'acqua e il caldo dal fuoco. E umidità tiepida. Continenza verso ogni cosa, che proviene dallo spirito che equilibra, nel mezzo. Norma: dieci. L'incisione delle dieci dita. Attendenti. Un gruppo di attendenti sotto l'altro, giacché il fuoco solleva l'acqua. Il recipiente: il fuoco è posto su di una coppa di ferro; al di sotto vi è l'acqua, che sta sul fondo di ferro. Quando il fuoco brucia, l'acqua diminuisce, giacché il fuoco la solleva. Sul suo trono. Senza disturbo, giacché tutti si volgono alla sua gloria e fanno luce verso la parte anteriore del suo trono. Come un re nel paese. Per impartire ordini ai propri servi: egli risponde a ciascuno di essi e si occupa delle loro opere. Come un re in guerra. Egli si volge a emanare il suo spirito buono sui meritevoli e lo spirito cattivo a quanti si ribellano. L'uno in corrispondenza dell'altro, giacché esso è vita per uno e morte per l'altro, come caldo e umido e caldo e secco. Talvolta si nocciono l'un l'altro e talaltra si arrecano beneficio. Ognuno per conto suo. Non è doppio. Si riferisce a 'mš, che sono i padri, giacché da qui derivano l'inizio delle faville e gli intagli dell'edificio. Sette, divisi. Clemenza, timore e bellezza e, al di sotto, eternità, fasto e il giusto. Equilibra. Ciò che mette in equilibrio, nel mezzo, il cavo, dall'alto in basso. Tre su tre. E uno che equilibra nel mezzo. Delle sette doppie, egli dice.
     
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